The Neon Demon: recensione del film di Nicolas Winding Refn

The Neon Demon

Secondo le maggiori religioni abramitiche, come ad esempio l’ebraismo o il cristianesimo, esiste un solo Dio, creatore dell’universo e di ogni cosa al mondo. Nel culto pagano la prospettiva invece cambia radicalmente, innanzitutto esistono molteplici Dei e non sono esterni o superiori rispetto al mondo in cui viviamo, anzi è il mondo stesso a essere formato da Dei e ogni soggetto che opera nel mondo è un Dio. A metà strada fra l’umano e il divino si annidano però i demoni, spiriti intermediari delle due dimensioni che non sempre sono piegati al bene. Quando queste tre forze si allineano e si incontrano, accadono esperienze come The Neon Demon, nelle quali solo Dei che tutto creano come Nicolas Winding Refn possono sacrificare comuni mortali ai Demoni di turno, potendo poi tornare a raccontarlo con lucidità e freddezza, con quel coraggio e quella noncuranza di chi sa con certezza di rimanere intaccato, impunito, pur rompendo ogni limite.

 

The Neon Demon, il nuovo film di Nicolas Winding Refn

Il nuovo lavoro del regista danese è infatti una cronaca esagerata di ciò che muove l’oscuro mondo della moda, un terreno talmente minato che un solo passo fuori posto può significare saltare in aria, o peggio finire nell’ombra, diventare fantasmi invisibili. Jesse (una Elle Fanning incredibilmente matura e straordinaria) non possiede nessun particolare talento, non sa ballare, non sa cantare, tantomeno recitare, l’unica cosa che possiede è un fascino irresistibile, dei capelli angelici e degli occhi azzurri come il cielo al mattino, insieme alla più pura ingenuità tipica dell’adolescenza.

Il suo volto non ha mai conosciuto il bisturi del chirurgo plastico, così come ogni altra parte del suo corpo, e nell’ambiente una bellezza incontaminata, limpida, vergine, rappresenta l’utopia, la meta finale e irraggiungibile. In The Neon Demon Attorno a lei, negli asettici studi fotografici di Hollywood, nei locali notturni, nei camerini caotici e nei palazzi principeschi dove il glamour si nutre a riflettori spenti, tutto è artificiale, costruito, ogni zigomo, ogni lineamento è plasmato secondo i versi della Bibbia dell’apparire, che le giovani modelle recitano a menadito in ogni momento propizio.

Cannes 2016: Elle Fanning e Nicolas Winding Refn presentano il film

The Neon Demon

Strane cose di cui vantarsi, direbbe qualcuno, eppure là fuori piovono bombe dal cielo, fioccano coltellate alle spalle, gorgogliano invidie e gelosie dagli scarichi dei bagni, ruggiscono bestie feroci nelle stanze d’albergo, non si scappa dal Demone della fama, che presto o tardi si mostra in qualche specchio, compiaciuto. Esso ha sempre fame, gronda costantemente schiuma dalla bocca e brama solo primizie; per nutrire il suo ego è disposto a deturpare, stritolare, soffocare, divorare, dissacrare, non esiste limite. Come per Nicolas Winding Refn, che per onorare il suo sacrificio è pronto a disturbare anche i morti, a ingurgitare le loro viscere, a vomitare i loro pochi resti.

Tutto nel rispetto assoluto dei suoi riti tradizionali, come la perfezione stilistica, la simmetria da orgasmo, la musica assordante e sublime del maestro Cliff Martinez, perché la bellezza non è tutto, è la sola cosa che importa. Ogni sua immagine è un atto di moda, di magnificenza e incanto, esattamente come i protagonisti e gli eventi del mondo famelico che racconta, perché per essere risputati da un Demone e tornare a raccontarlo bisogna prima lasciarsi ingoiare. Bisogna perdere il controllo delle mani, delle inibizioni, del senso morale, prestarsi alla più becera imitazione della realtà, in modo che ogni parola abbia la giusta potenza, ogni critica il corretto traguardo. Solo così l’illusione finale raggiunge la sua forma, solo così l’arte si fa arte; a perdere è proprio la verità, più animalesca di qualsiasi raffigurazione.

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