The Performance: recensione del film di Shira Piven – #RoFF18

Una storia di ambizione e talento al ritmo di tip tap. Una compagnia guidata da un ebreo arriva dagli Usa nella Germania nazista.

The Performance recensione

La regista Shira Piven sceglie la Festa del Cinema di Roma per l’anteprima mondiale del suo The Performance, tratto da un racconto di Arthur Miller, pubblicato per la prima volta sulla rivista The New Yorker e adattato appositamente da Shira Piven stessa con Josh Salzberg. Regista di teatro, poi di cinema, attrice e produttrice al suo terzo film, Piven parla di arte e talento, nel 1937, mentre in Europa le smanie di potere e grandezza di Hitler crescono di giorno in giorno. La regista affida a suo fratello Jeremy Piven – Mr Selfridge, Entourage – il ruolo del protagonista. Gli affianca Robert Carlyle e confida sul potere trascinante delle esibizioni di un gruppo di ballerini professionisti di tip tap, che si fanno attori.

 

La trama di The Performance

Harold May, Jeremy Piven, è un talentuosissimo ballerino di tip tap nell’America degli anni Trenta. E’ un ebreo americano. Dopo tanti sacrifici, finalmente riesce, con la sua compagnia, a farsi scritturare per una tournée in Europa. In una delle date nel Vecchio Continente, riceve da un certo Damien Fugler, Robert Carlyle, una proposta troppo allettante per potervi rinunciare: una grossa somma di denaro per un’esibizione a Berlino. È il 1937. Fugler non sa che May è ebreo. May e la compagnia non sanno che dovranno esibirsi davanti ad Hitler in persona. Danzare e tenere fede alla propria vocazione, al proprio talento, o seguire le proprie radici? Ascoltare la voce dell’ambizione o quella dell’etica e della prudenza? May e i suoi compagni saranno messi a dura prova.

Un personaggio e il suo conflitto interiore

The Performance rappresenta molto bene la dissociazione di Harold May, dilaniato psicologicamente. Ironia della sorte, proprio lui viene assoldato per “rappresentare la Germania sul palcoscenico mondiale”, ora che c’è Hitler. Al tempo stesso, gli viene offerta quella che sembra a tutti gli effetti l’occasione della vita. Ecco dunque un protagonista, Jeremy Piven, che – nonostante dei capelli di un biondo effettivamente improbabile come naturale – riesce in un compito non facile. Inconsciamente May vuole forse essere scoperto, per non doversi più nascondere, ma di fronte alla compagnia appare calmo e padrone di sé. Desidera quel riconoscimento che ha sempre saputo di meritare. Successo, denaro, apprezzamento. Dall’altra parte, lo animano rabbia, paura, anche l’umiliazione di esibirsi davanti e per dei gerarchi nazisti, per Hitler.

Robert Carlyle in The Performance

Con Piven, Robert Carlyle in un duplice registro: viscido gerarca da un lato, amante dell’arte e del divertimento dall’altro. Un uomo doppio e infido, cui Carlyle dà corpo con l’estro che abbiamo imparato a conoscere da Trainspotting in poi.

Il ballo in The Performance

Il terzo lavoro di Shira Piven ha un andamento coinvolgente, non annoia, grazie a una buona dose di azione e anche di tensione. Tiene viva l’attenzione dello spettatore. Il ballo non è né di circostanza, né un riempitivo. È la quintessenza di un uomo, Harold è fatto per ballare. Il ritmo dei tacchi accompagna tutta la sua vita. Le sequenze di ballo sanno essere potenti ed hanno diverse valenze. L’esibizione può essere momento di svago e divertimento, di allegria, ma ballare può diventare anche un atto profondamente drammatico, perfino commovente. Il merito va anche a un gruppo di ballerini davvero talentuosi, che diventano attori, alcuni con esiti molto convincenti, in particolare il giovane Isaac Gryn, nel ruolo di Paul. Nella compagnia, accanto al protagonista, vi sono anche Maimie McCoy, Carol, Adam Garcia, Benny.

Un film coinvolgente e visivamente vario

Visivamente, The Performance è vario, grazie alla presenza di sequenze in Super8 e in bianco e nero, che contribuiscono a creare atmosfere d’epoca. Ciò conferisce vivacità al film. Si tratta di un film su ebrei e nazismo e il tema, certo, non è nuovo. La sua forza è nella coesistenza degli opposti – divertimento e spettacolo da un lato, violenza e morte dall’altro – nello sberleffo che, a modo suo, l’arte fa a una politica malata. Il ritmo trascinante della musica e l’abilità dei ballerini – attori fanno il resto, lasciando il pubblico con la voglia di ballare.

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Scilla Santoro
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Scilla Santoro
Giornalista pubblicista e insegnate, collabora con Cinefilos.it dal 2010. E' appassionata di cinema, soprattutto italiano ed europeo. Ha scritto anche di cronaca, ambiente, sport, musica. Tra le sue altre passioni, la musica (rock e pop), la pittura e l'arte in genere.
the-performanceLa forza di The Performance è nella coesistenza degli opposti - divertimento e spettacolo da un lato, violenza e morte dall'altro - nello sberleffo che, a modo suo, l'arte fa a una politica malata. Il ritmo trascinante della musica e l'abilità dei ballerini - attori fanno il resto, lasciando il pubblico con la voglia di ballare.