Tito e gli alieni

Sono passati otto anni da Into Paradiso, opera prima della regista Paola Randi. Otto anni di silenzio in cui ha lavorato instancabilmente per veder realizzato il suo nuovo progetto, Tito e gli alieni. Protagonista del film è Valerio Mastandrea, inserito all’interno di un contesto di genere fantascientifico, caso raro nel cinema italiano.

 

Da quando ha perso sua moglie, il Professore (Valerio Mastandrea) vive isolato dal mondo nel deserto del Nevada, accanto all’Area 51. Un giorno riceve un messaggio da Napoli: suo fratello sta morendo, e gli affida i suoi figli, che andranno a vivere con lui. Anita (Chiara Stella Riccio) e Tito (Luca Esposito) arrivano aspettandosi Las Vegas, ma si ritroveranno invece in mezzo al nulla, nelle mani di uno zio squinternato, in un luogo dove si dice vivano gli alieni.

La Randi sceglie di parlarci di ricordi attraverso la fantascienza, forse perché al giorno d’oggi il passato sembra sempre più un mondo distante, diverso, dove sono contenute gioie e dolori della nostra vita. È così per i protagonisti del film, che si trovano ognuno a modo loro a dover elaborare la profonda cicatrice del lutto. È dalla voglia di indagare come sia possibile superare un simile dolore che nasce il film, e la regista spinge i personaggi a cercare un contatto con un mondo che sembra irreale, ma c’è. Ed è proprio questa la fantascienza del film, o per lo meno la migliore, questo desiderio di stabilire una connessione con chi sembra a noi distante anni luce. Una fantascienza differente dalla comune accezione del termine, che si concentra sull’esplorazione dei mondi interni di ogni personaggio, piuttosto che sulla ricerca di uno stupore visivo.

Tito e gli alieni

Stupore visivo che tuttavia non manca, grazie ad alcune incantevoli immagini disseminate dalla regista per tutto il film. Immagini semplici ma di grande impatto visivo ed emotivo, il cui valore accresce non tanto per la bella fotografia o la delicata colonna sonora, quanto per le straordinarie interpretazioni dei tre protagonisti. I due giovani ed esordienti attori svelano una naturalezza che permette sin da subito di entrare in confidenza con i loro personaggi, mentre Valerio Mastandrea mette a segno una nuova grande prova d’attore, mostrando ancora una volta la sua capacità di muoversi su più registri, e investendo il suo personaggio di note malinconiche e agrodolci che gli permettono di scolpirsi un posto nel cuore degli spettatori.

L’unico elemento che frena in parte Tito e gli alieni è il ricorso ad una fantascienza più esplicita, che scomoda una seppur breve e non risolta presenza aliena, che tuttavia poco o nulla aggiunge alla narrazione del film. Gli effetti speciali di queste scene rivelano i propri evidenti limiti, con il rischio di disturbare la visione del film.

Nonostante ciò, Tito e gli alieni si conferma sul finale come un piccolo grande gioiello, ennesimo segno di una ritrovata creatività nel panorama del cinema italiano. La regista non perde di vista il nodo centrale del film, portandolo avanti fino alla fine e dandogli risoluzione attraverso una splendida sequenza finale che permetterà a tutti di dar sfogo al proprio personale mondo di ricordi. È un film questo in cui dramma e commedia sono dosati a dovere e trattati con il giusto tono, si ride quando è opportuno e ci si commuove quando è necessario, ma tutto ciò avviene senza forzature, semplicemente grazie alla spontaneità del racconto e alla dolcezza delle immagini.

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