Un altro Mondo: recensione del film di Silvio Muccino

Un altro Mondo

Un nuovo capitolo delle saghe mucciniane “borghesia e conflitti familiari”. Questa volta è il fratello Silvio, senza più zeppola, a dirigere il secondo film, firmandone nuovamente anche la sceneggiatura, scritta insieme all’inseparabile Carla Vangelista.

 

In Un altro Mondo Andrea (Silvio Muccino) è un ventottenne mantenuto, che vive nel suo splendido appartamento romano insieme alla bulimica fidanzata Livia (Isabella Ragonese). Una vita fatta di feste, nottate brave e poche responsabilità. Insomma una di quelle vite che ormai soltanto quel 10% di famiglie italiane può permettersi di fare. Ma come le saghe mucciniane insegnano, anche questi alto borghesi hanno le loro storie tristi. Andrea infatti è stato abbandonato dal padre ancora bambino, ed ha una madre che gli passa un lauto assegno, ma di sicuro non riesce a trasmettergli alcun affetto, visto l’inevitabile scopa in culo da donna ricca e frustrata che si ritrova. Ma ecco che una lettera vola tra le sue mani: è il padre in punto di morte che chiede di rivederlo. Andrea parte dunque per Nairobi dove conoscerà il suo fratellino keniota Charlie.

Il confronto con questa realtà nuova e completamente opposta al suo dorato mondo romano cambierà la disposizione delle carte in tavola. Trasportato a Roma, Charlie si inserirà nella soluzione chimica inerte di relazioni familiari di Andrea e sconvolgerà il tutto portando dell’inevitabile entropia.

Un altro Mondo

Una trama che di suo ha davvero poco di originale. La sceneggiatura è incentrata su delle caratterizzazioni piuttosto scontate. Andrea è colui che si sveglia tardi la mattina, che ha una madre fredda e che chiama per nome, che ha una fidanzata stupenda ma che vomita ogni volta che mangia troppo. Uno che potrebbe avere tutto ma non è felice. La sua controparte africana, il fratellino Charlie, ha perso entrambi i genitori ed è in realtà un borghese piccolo piccolo del Kenya. Non esistono altri appigli sui quali ricamare. Personaggi dunque che si presentano piatti. Muccino poi correda le immagini con una regia estremizzata e fastidiosa a volte. Tagli di luce teatrali a Roma, immagini gialle e sature in Africa, dove dalla steadycam si passa alle riprese a mano, eccessivamente abusate.

In Un altro Mondo il cambiamento di Andrea-Silvio è banalizzato nel rapporto con il migliore amico, tramite chiamate senza risposta e attese vane di sms al cellulare. Come la madre Cristina, i personaggi rivelano con confessioni la propria evidente e complicata psicologia. Solo Charlie, in quanto bambino senza peli sulla lingua, regala ogni tanto un colore ai dialoghi e qualche risata in più. Rimangono al margine interpreti solitamente eccellenti come Maya Sansa, rinchiusa nel continente africano (un’amica del padre di Andrea), o Isabella Ragonese, che nonostante la sua presenza scenica non ha spazio per spiccare.

Poteva essere anche un film per famiglie e in particolare per bambini, se magari l’avessero incentrato sulla figura di Charlie e si fossero evitate le scene di sesso spinto. Ma la realtà è che la storia è imperniata su una figura di bamboccione viziato, che si imbarca in una presa di responsabilità troppo grande.

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