The Simpson Movie

La recensione del film d’animazione The Simpson Movie diretto da David Silverman e targato 20th Century Fox.

 

The Simpson Movie è con le voci di: Dan Castellaneta (Homer Simpson); Julie Kavner (Marge Simpson); Nancy Cartwright (Bart Simpson); Yeardley Smith (Lisa Simpson).

The Simpson MovieSinossi: The Simpson Movie è basato sulla serie televisiva di grande successo frutto della creatività del fumettista americano Matt Groening, di cui è protagonista la famiglia composta da Homer, Marge ed i loro tre figli, Bart Lisa e la piccola Maggie. Da una catastrofe che è Homer stesso a provocare, facendo cadere il silo contenente le feci di un maialino a cui si è affezionato nel lago situato nei pressi della città di Springfield. Il laghetto, che già versava in condizioni critiche, sarà inquinato irrimediabilmente, tant’è che uno scoiattolo che ci finisce dentro ne esce fuori mutato con decine di occhi sul capo. L’animaletto viene trovato dal Dipartimento della Protezione Ambientale, ed il suo perfido capo convince il presidente degli Stati Uniti (che nel film corrisponde ad un ingenuo e divertente Arnold Schwarzenegger) che è necessario isolare Springfield al resto del pianeta intrappolandola in una enorme sfera di vetro infrangibile.

I cittadini della città scoprono che la colpa è di Homer, ed infuriati si recano da lui per giustiziarlo, ma lui e la sua famiglia riescono a fuggire in Alaska. Alla notizia che il dipartimento per l’ambiente ha preso la decisione di distruggere definitivamente Springfield, Homer attanagliato dal suo proverbiale egoismo infantile non ne vorrà sapere di far ritorno alla sua città per salvarla, mentre il resto della famiglia con Marge delusa dal suo comportamento e Bart rammaricato per l’indolenza del padre, farà il contrario. Il conseguente travaglio di Homer e l’aiuto di una anziana indigena del nord America dai poteri paranormali faranno cambiare idea ad Homer, che tornerà a salvare la sua città ed a fare pace con la sua famiglia.

The Simpson Movie: recensione del film

Analisi: Il vero trampolino di lancio del film è il clamoroso successo della serie televisiva dei “Simpson”, che all’uscita del lungometraggio raggiunge il prestigioso traguardo di serie animata più lunga trasmessa in televisione con i suoi quattrocento episodi. Uno sforzo notevole se si pensa a quelli che sono i ritmi frenetici ed il costante mutamento della televisione. I motivi di tanto clamore risiedono nello carattere parodistico e satirico attraverso cui il cartone parla della condizione della società americana ed in genere occidentale, delle sue contraddizioni ed ambiguità. I personaggi dei “Simpson” sono un riflesso di tutti gli aspetti che riguardano il nostro modo di vivere, attraverso situazioni semi vere in una salsa di ironie e battute, tra flashback e citazioni, spesso spassose e quasi mai superficiali. Nei suoi cartoni Groening volutamente ha utilizzato il “set” della famiglia scimmiottando le famose sit com americane di ambientazione familiare, che nella società americana disgregata, lavorista, individualista delle grandi metropoli e periferie hanno costituito un mezzo per veicolare valori e modelli. Spesso molto discutibili, per questo i Simpson hanno fatto breccia grazie ad un sarcasmo non indifferente. Cercare una connotazione politica definita nel cartone è difficile ed inutile, data una propria sensibilità ed acutezza che hanno sicuramente una retrospettiva sociale ed uno spirito progressista, ma non mancano gli indirizzi individualisti. All’inizio del film un personaggio sventola una bandierina su cui è scritto “Hillary 2008”, ignaro della vittoria di Obama: questo e le infinite frecciatine della serie tv di certo fanno capire che la fazione Repubblicana è la più avversa.

Il film inizia con sprint ma dispiace dirlo, non convince. Sebbene le gag graffianti non manchino, forse questa volta la vena più satirica nei riguardi degli stili e dei vizi dei cittadini del mondo occidentale, quella che aveva reso la serie animata come forse l’unica ed encomiabile più “politically scorrect” nel panorma delle serie televisive made in America, sembra essere spuntata. Lascia infatti il passo ad una comicità un po’ più facile, con scatch che si susseguono una dietro l’altro in un ritmo poco fluido. Le liti fra moglie e marito e padre e figlio hanno spesso funzionato nel cartone dando un intelligente modo di rappresentare le difficoltà fisiologiche di ogni relazione umana nell’alveo familiare, che oggi sembrano un po’ a tutti mostri inesorabili, ma nel film questi intrecci stentano. La gag su “Spiderpork” sembra più quella dell’altra serie animata di una famiglia americana, postuma ai Simpson, i Griffin.

Confondere le due cose è un grosso errore, i Griffin sono furbi, isterici, vacui. E così, i Simpson del film (con i suoi ragguardevoli effetti 3D) appaiono più “massificati”. E però non passa inosservata la battuta di Bart sul treno che impersona Topolino, definendosi “la mascotte di una malvagia corporazione”. Il cinema ed un cartone animato, quale ghiotta occasione per Groening per non sfoderare un’ironia sulla Disney? Nella serie televisiva sono diverse le stilettate nei confronti della fabbrica di cartoni disneyana, e nel film non mancano. Forse anche per questo i Simpson possono essere considerati i degni figli di Tex Avery, animatore e regista statunitense, creatore di Bugs Bunny, Duffy Duck, Droopy, Porky Pig, la cui influenza si è sentita in tutte le serie a cartoni animati tra gli anni quaranta e cinquanta del secolo scorso.

Lo stile registico di Avery ha demistificato la rigida impostazione sopratutto dei primi corti e lungometraggi stabilita da Walt Disney, (nel cartone “Screwball Squirell” del 1944 Avery provoca dichiaratamente Disney), e la surrealtà e la libertà anarcoide dei suoi cartoni sono evidentemente rintracciabili nella libertà di pensiero e di espressione dei gialli di Groening. Eh si, gialli.

Per una ironia della sorte e di corrispondenza assiologica col passato, è il corole di “Yellow Kid”, il bambino vestito della celebre tunica gialla frutto dell’ispirazione dello statunitense Robert F. Outcault, celebrato come il capostipite del fumetto, il primo che fece comparire il baloon. Si trattava guarda caso di una striscia comica e proletaria dal nome Hogan’s Alley in cui il protagonista Yellow Kid razzolava tra i bassifondi poveri e ributtanti di New York, sulle pagine domenicali del New York World negli ultimi anni del 1800. Un successo di pubblico, ma i proprietari d’ immobili che deplorarono il connubio fra il New York Journal (che intanto aveva strappato Outcault ai suoi rivali) e quegli straccioni di carta, chiesero ed ottenennero il licenziamento di Outcault. Oggi La statuina di Yellow Kid è anche il prestigioso premio, considerato ormai come l’Oscar dei fumetti( genere originario di Matt Groening) che da molti anni viene assegnato nell’ambito del “Salone Internazionale dei Comics, del Film di Animazione e dell’illustrazione” ad autori, disegnatori ed editori, italiani e stranieri. About Disney: nessuno può negare che ci regala dei momenti magici, leggete le recensioni di questo sito per avere un’idea. Ma la stoccata di Groening è giustificata: non dimentichiamo che nel 2005 Disney ha pagato una cauzione di 70 milioni di euro per non sottoporsi al processo che la vedeva imputata per avere inserito messaggi subliminali a sfondo erotico in alcuni dei suoi cartoni animati, come ha spiegato Beppe Grillo in un suo spettacolo. Ignacio Ramonet, direttore di “Le Monde Diplomatique” nel suo “Piccolo dizionario critico della globalizzazione” ci parla di Disney e di Bangladesh. Nel 2003 la Disney ha disdetto un contratto con una fabbrica dopo che le operaie di una impresa tessile e di giocattoli subappaltata dalla multinazionale americana avevano presentato un elenco di richieste. Il loro salario rappresenta lo 0,7% del prezzo finale della camicia pagata dal consumatore 18 euro a fronte dei milioni spesi in pubblicità e percepiti da i dirigenti Disney. Senza contare le ore di lavoro delle operaie, 102 alla settimana, senza giorni di riposo e con salari che oscillano tra gli otto e i 4 euro settimanali e con tanto di pressioni anche violente dei capireparto. Torniamo al film dei Simpsons: i loro fedelissimi fans passeranno su questa mezza occasione mancata, per l’infinito successo ottenuto dai tantissimi (non tutti!) episodi della esilarante famiglia americana di Springfield. Senza dimenticare l’altra serie animata di Groening, Futurama, dalla quale sono stati tratti dei lungometraggi niente male.

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