La versione di Barney diretto da Richard J. Lewis e magistralmente interpretato da Paul Giamatti ripercorre quattro decenni della vita di Barney Panofsky, seguendo l’andamento altalenante della sua carriera e della sua vita sentimentale, divisa in tre matrimoni, due figli e un solo grande amore, Miriam.

 

La versione di Barney si basa sull’omonimo e ultimo romanzo di Mordecai Richler, scrittore simbolo del Canada e morto nel 2001 senza avere la possibilità di ultimare la stesura della sceneggiatura tratta dal suo libro alla quale lavorava. Probabilmente se il film fosse stato da Richler sarebbe risultato migliore, o semplicemente diverso, ma parlando del film che è e non di quello che sarebbe potuto essere non si può prescindere dal confronto con un romanzo che racconta con arguzia e profondità la versione del protagonista in merito alla sua vita, ai suoi amori, alla sua carriera e ad un presunto delitto che sulla carta risulta il centro del racconto, ma che su pellicola diventa solo una parte di un ritratto più ampio, forse dispersivo.

Il risultato è un film sicuramente ben confezionato che si dilunga forse eccessivamente ma che si lascia guardare solo grazie alla bravura del protagonista, un Paul Giamatti che si conferma non solo caratterista, ma grande interprete dei tic e dei difetti dell’uomo moderno. Il suo Barney è esattamente l’uomo di cui ha scritto Richler, spigoloso e allo stesso tempo generoso, controverso nel suo racconto soprattutto quando si tratta di se stesso. Seguiamo Barney nei ghirigori della sua mente mentre (ci) racconta la storia della sua vita: solo alla fine scopriremo con lui il significato di questa particolare struttura affastellata che ci accompagna dall’inizio della sua vita da bohemien a Roma, fino alla fine, dove Giamatti da il meglio di sé, senza mai eccedere nel patetico o nel tragico, ma mantenendo la coerenza che caratterizza il suo personaggio.

La versione di Barney

Ma un buon film non può basarsi solo sulla potenza di un attore, almeno non un film in cui i personaggi di contorno sono così importanti: a partire dallo splendido Dustin Hoffman, che interpreta il padre di Barney, irriverente più del figlio, ma come lui ancorato a quell’idea di amore romantico che dura per la vita; poi c’è Rosamund Pike, la splendida Miriam, unica donna che Barney abbia mai amato, bella ed elegante, superiore a lui per personalità e spirito eppure innamorata i lui anche quando deciderà di prendere altre strade. Ma non dimentichiamo la bravissima Minnie Driver, nel ruolo della Signora P., seconda moglie di Barney, ricca e chiacchierona, sarà grazie a lei che Barney incontra Miriam.

La versione di Barney molto amato dai realizzatori, potrebbe far innamorare molti spettatori, e in effetti ha messo d’accordo persino i fan più accaniti di Richler. Questo però non distoglie l’attenzione da una lunghezza un po’ eccessiva, che potrebbe distrarre ma che forse era necessaria per portare sulla schermo questa particolare storia d’amore di un uomo per se stesso. La versione di Barney nasce da una coproduzione tra Canada e Italia, dove l’opera di Mordecai Richler è sempre stata molto apprezzata.

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Chiara Guida
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Chiara Guida
Laureata in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è una gionalista e si occupa di critica cinematografica. Co-fondatrice di Cinefilos.it, lavora come direttore della testata da quando è stata fondata, nel 2010. Dal 2017, data di pubblicazione del suo primo libro, è autrice di saggi critici sul cinema, attività che coniuga al lavoro al giornale.
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