Jean e Bruno sono padre e figlio, entrambi agricoltori e allevatori francesi ma con ambizioni diverse: il primo, che ha ereditato il lavoro e la fattoria dalla famiglia, ha il lavoro e la dedizione nel sangue, il secondo è più scapestrato, svogliato, con il desiderio di lasciare tutto e inventarsi una nuova vita altrove. Per visualizzare meglio i due personaggi basta immaginare Gerard Depardieu e Benoit Poelvoorde, due volti caratteristici del cinema francese e belga perfetti per incarnare due caratteri agli antipodi. Questa lontananza caratteriale non li fa comunicare a dovere, facendoli sembrare più distanti di quanto in realtà siano, l’occasione per ritrovarsi è un viaggio on the road in lungo e in largo per la Francia, inseguendo i migliori vini della regione e la speranza di vincere il primo premio per il toro migliore al Salone dell’Agricoltura di Parigi. A bordo di uno sgangherato taxi guidato dal terzo incomodo, Vincent Lacoste, da spettatori si viene scarrozzati in un trip sempre più lisergico, dove con il passare dei minuti la realtà si scolla sempre più dalle immagini. Si passa dall’ingurgitare bottiglie di vino solo per il gusto di ubriacarsi sino a comprendere la loro essenza, il loro gusto, assaporando piano ogni sorso; il ricordo e i sentimenti sospesi, ancora legati a un lutto non del tutto superato, ritrovano nuove strade su cui scorrazzare, nuova linfa vitale.
Saint Amour vince, oltre che per la sua schiettezza e sincerità , per il suo modo di essere: si ride praticamente dall’inizio alla fine, ci si diverte anche quando le cose si fanno più serie, figurarsi quando tutto vira sul surreale.Berlino 2016: Saint Amour recensione del film con Gerard Depardieu e Benoit Poelvoorde