Gangs of Paris: la spiegazione del finale del film

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Gangs of Paris (titolo originale Apaches) è un thriller criminale del 2023 che si distingue per il suo approccio visivo crudo e per l’intensità del ritmo narrativo. Diretto da Romain Quirot, il film immerge lo spettatore nei meccanismi violenti e labirintici della criminalità organizzata parigina, restituendo una visione cupa e implacabile di una città frammentata tra legalità e caos. Il film – che si rifà vagamente a Gangs of New York – si impone come un’opera viscerale, in cui la tensione è costantemente alimentata da una regia che predilige inquadrature ravvicinate, atmosfere notturne e sequenze d’azione dal forte impatto. L’estetica urbana è parte integrante della narrazione, costruendo un universo realistico e inquietante che tiene incollati allo schermo.

Una delle caratteristiche più interessanti di Gangs of Paris è la sua capacità di raccontare la violenza non come spettacolo, ma come inevitabile conseguenza di un sistema sociale che si regge su fragili equilibri. I personaggi, mossi da una miscela di istinto di sopravvivenza e senso dell’onore, si muovono in un contesto in cui la linea tra vittima e carnefice è spesso sottile. La sceneggiatura evita volutamente facili moralismi, preferendo mostrare le scelte difficili e le zone grigie della vita criminale. Questo rende il film più vicino a un noir moderno che a un classico gangster movie.

Nel prosieguo dell’articolo ci concentreremo in particolare sul finale del film, che rappresenta una sintesi potente dei temi trattati e che offre allo spettatore un momento di riflessione sulle conseguenze delle azioni dei protagonisti. Si tratta di un epilogo che, pur mantenendo la coerenza con il tono realistico dell’opera, introduce un livello ulteriore di ambiguità e tensione. La spiegazione dettagliata di quanto accade nelle scene finali e del loro significato simbolico ci permetterà di comprendere meglio il messaggio complessivo di Gangs of Paris e il modo in cui il film si inserisce nel panorama contemporaneo del cinema europeo di genere.

Alice Isaaz e Niels Schneider in Gangs of Paris
Alice Isaaz e Niels Schneider in Gangs of Paris

La trama di Gangs of Paris

Quando uccidono Ficelle (Malik Frikah), viene ingiustamente arrestata sua sorella Billie (Alice Isaaz), una ladra di strada che deve scontare quindici anni di galera. Mentre è in carcere, la giovane donna progetta la sua vendetta nei confronti di Jésus (Niels Schneider), capo carismatico degli Apaches e assassino di suo fratello. Uscita di prigione, Billie si infiltra, senza farsi riconoscere, nel gruppo criminale per poter agire dall’interno. Li uccide uno ad uno per arrivare all’odiato Jésus. Ma più si avvicina a lui e più ne subisce il fascino diabolico.

La spiegazione del finale del film

Il finale di Gangs of Paris rappresenta il culmine tragico e simbolico di un percorso segnato da dolore, vendetta e alienazione. Billie, la protagonista della vicenda, dopo aver affrontato un violento viaggio di sangue e sopravvivenza, si ritrova faccia a faccia con Jésus, il carismatico ma spietato leader della gang responsabile della morte di suo fratello. Con la pistola in mano e l’emozione che le attanaglia il petto, Billie è a un passo dal compiere l’atto che ha giustificato ogni scelta, ogni rischio e ogni caduta nel baratro morale. Ma proprio quando potrebbe premere il grilletto e chiudere il cerchio, si ferma. La sua mano trema, non per debolezza, ma per la consapevolezza che, nell’inseguire la vendetta, è diventata simile a coloro che odiava.

Il momento che segue è denso di contraddizioni. Invece di uno sparo, nasce un gesto inaspettato: Billie e Jésus si scambiano un bacio, carico di tensione, desiderio e disperazione. Più che un atto d’amore, è una confessione silenziosa di ciò che entrambi hanno perso e di ciò che non saranno mai: redenti. La pioggia che cade su di loro pare voler purificare quella violenza che li ha segnati, ma la tregua emotiva è di breve durata. L’irruzione della polizia interrompe brutalmente l’attimo sospeso e suggella il loro destino. I colpi di arma da fuoco li abbattono insieme, fianco a fianco, come se la storia volesse ricordare che chi vive nel crimine, indipendentemente dalle motivazioni, è destinato a pagarne il prezzo.

Alice Isaaz in Gangs of Paris
Alice Isaaz in Gangs of Paris

Questa conclusione, brutale e definitiva, sovverte le aspettative del genere. Non c’è giustizia compiuta, non c’è vendetta portata a termine, né redenzione possibile. La morte di Billie e Jésus è la manifestazione più cruda dell’assenza di una via d’uscita in un mondo in cui la violenza genera solo altra violenza. Nessun vincitore, solo corpi a terra e sogni infranti. Lo spettatore, lasciato in silenzio di fronte a questo epilogo, non può che interrogarsi sul senso dell’intera spirale autodistruttiva che ha animato i personaggi.

Il film, in questo modo, va ben oltre la semplice struttura del revenge movie. Gangs of Paris si inserisce in quella tradizione del noir urbano europeo che affonda le mani nel realismo psicologico, nella messa in scena di marginalità e scelte impossibili. Il regista sceglie di non offrire consolazione o chiusura catartica: il bacio sotto la pioggia e la morte immediata parlano di una condanna esistenziale, di anime perdute che si sono riconosciute solo un attimo prima della fine.

In ultima analisi, il film solleva domande importanti sul significato della vendetta e sulla possibilità di redenzione nei contesti in cui il crimine è l’unica lingua parlata. Billie parte con la determinazione di vendicare il fratello, ma nel cammino perde se stessa. La sua esitazione finale è il gesto più umano di tutta la vicenda, e paradossalmente, anche il più tragico. Invece di affrancarsi dalla violenza, ne viene inghiottita, proprio mentre sembrava vicina a un barlume di umanità. Gangs of Paris ci ricorda così che la vendetta non salva: distrugge, lentamente, chi la insegue.

Gianmaria Cataldo
Gianmaria Cataldo
Laureato con lode in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza e iscritto all’Ordine dei Giornalisti del Lazio come giornalista pubblicista. Dal 2018 collabora con Cinefilos.it, assumendo nel 2023 il ruolo di Caporedattore. È autore di saggi critici sul cinema pubblicati dalla casa editrice Bakemono Lab.
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