La Roma degli anni d’oro del cinema italiano è sempre stata avvolta da un fascino e una magia senza eguali. Era la città dei sogni, al pari di Hollywood: crocevia di eventi mondani, star, produzioni cinematografiche. Una città impregnata di quella bellezza sublime, quasi evanescente, che tutti sognavano di vivere almeno una volta nella vita. Quel cinema, che fu rivoluzionario, poteva vantare alcune delle stelle più brillanti che l’Italia abbia mai avuto – desiderate anche oltre oceano.
E una di queste era Anna Magnani. Monica Guerritore, che evidentemente ha molto amato l’attrice, ha scelto di immergersi nel cuore della sua esistenza: un percorso artistico e umano costellato di successi e tormenti. Lo fa in Anna, film presentato alla 20ª edizione della Festa del Cinema di Roma, in cui ricopre un triplice ruolo: regista, sceneggiatrice e interprete.
La trama di Anna
È il 21 marzo 1956. Anna Magnani non riesce a prendere sonno. Si alza, si veste, ed esce per una passeggiata notturna nel cuore di Roma, attraversando la città deserta fino a raggiungere il Lungotevere. È la notte degli Oscar, e a Los Angeles si sta celebrando la cerimonia che potrebbe consacrarla come miglior attrice protagonista per La rosa tatuata. Nel silenzio più profondo, Roma si fa specchio della sua memoria: Anna ripercorre i frammenti della sua vita – l’amore turbolento con Roberto Rossellini, la malattia del figlio Luca, le battaglie sul set e i suoi successi più acclamati. Ad accompagnarla, una galleria di personaggi che rappresentano ogni ceto sociale: dal popolo romano agli uomini dell’industria cinematografica, fino agli agenti e produttori. Un viaggio dentro la fragilità e la forza di un’attrice diventata leggenda. Fino al momento che rimarrà nella storia: il momento in cui viene annunciata come la prima italiana a vincere un Oscar.
Anna Magnani: una donna oltre le regole
Anna Magnani non era un’attrice qualunque. Certo, tutte le dive – in quanto tali – si sottraggono alle definizioni standard. Ma Magnani aveva qualcosa in più. In quegli anni, dove a dominare era il Neorealismo, Magnani era quella più spudoratamente vera. Profondamente reale. Sul grande schermo portava donne popolane, autentiche, senza filtri né imbellettamenti. Donne in cui il pubblico – e soprattutto le donne – potevano riconoscersi. Perché venivano rappresentate.
È stata la sua veracità, la sua schiettezza, il suo andare controcorrente a renderla l’attrice che nessuno dimenticherà. Quella che sembrava più vicina di tutte, proprio perché imperfetta, sfacciata, viva. Monica Guerritore si dà anima e corpo per restituire questa versione concreta e sfaccettata di Magnani. La interpreta con forza e tensione, danzando tra i fantasmi e le cicatrici di una donna rimasta sempre in bilico tra felicità e dolore. L’interpretazione è sopra le righe – come il personaggio richiede – ma mai fuori controllo. Guerritore non inciampa mai nel ruolo che ha scelto di far rivivere, nonostante Anna avesse un temperamento difficile e una personalità complessa da replicare. Porta in scena, con foga, quella libertà che Magnani urlava, e di cui si faceva portavoce.
Quando l’omaggio non
basta
Se lo sforzo attoriale di Monica Guerritore funziona, è sul piano registico e contenutistico che il film si incrina. L’attrice sceglie di raccontare solo una parentesi: l’ultima parte della vita di Magnani, partendo dalla notte dell’Oscar per La rosa tatuata. Da lì si immerge in quella Roma incantata dell’epoca, restituendoci con affetto le sue atmosfere, la lingua, i riflessi e la sua oscurità. Su questa linea temporale principale, vengono innestati flashback, ricordi, episodi personali: momenti che restituiscono fragilità, rabbia, lucidità, ma sempre in forma accennata. Mai scavata.
La sceneggiatura si addobba di suggestioni, ma non ne affronta nessuna. Il risultato è che non si perde la trama, ma si sfuma il messaggio finale, perché non è chiaro che cosa si voglia davvero raccontare della Magnani. Il registro cambia spesso, balzando dal dramma alla commedia, e l’uso insistito dello slow motion, inserito in modo casuale, rompe la fluidità del racconto e stona con il tono generale.
Anna diventa così un film che si divide a metà: tra la bellezza sincera di voler raccontare chi fosse davvero Anna Magnani, e la mancata occasione di portarci fino in fondo dentro la sua zona d’ombra, dentro quello che non sappiamo ancora. Un tributo che dunque non è mai vivido. Come se fosse costantemente appannato.
Anna
Sommario
Il film di Guerritore si divide a metà: tra la bellezza sincera di voler raccontare chi fosse davvero Anna Magnani, e la mancata occasione di portarci fino in fondo dentro la sua zona d’ombra, dentro quello che non sappiamo ancora.