Our Hero, Balthazar, scritto e diretto da Oscar Boyson insieme a Ricky Camilleri, è un film che si muove con sorprendente equilibrio tra commedia giovanile e dramma sociale. Interpretato da Jaeden Martell, Asa Butterfield, Noah Centineo, Jennifer Ehle e Pippa Knowles, il film racconta l’adolescenza nell’era dei social network, dove l’autenticità è un concetto fragile e la solitudine trova un surrogato nella connessione digitale.
Con uno stile a metà tra il cinema indie americano e il dramma psicologico, Boyson costruisce una riflessione lucida e toccante sulla fame di visibilità e sulla perdita di contatto umano in un mondo ossessionato dall’immagine.
Il vuoto di Balthazar
Balthazar (Jaeden Martell) è un adolescente ricchissimo di New York, ma completamente solo. Il padre è assente, la madre (Jennifer Ehle) preferisce trascorrere il compleanno del figlio in viaggio col nuovo compagno, e l’unica figura stabile nella sua vita è Anthony (Noah Centineo), un life coach ben pagato che cerca, senza successo, di riempire il vuoto esistenziale del ragazzo con frasi motivazionali e retorica da self-help.
Incapace di trovare un’autentica connessione, Balthazar decide di “crearsi” una comunità online. Apre un profilo social dove, tra lacrime vere e confessioni filtrate, ammette la sua solitudine. La sua vulnerabilità, confezionata come contenuto virale, attira follower in cerca della stessa empatia simulata. È il paradosso di una generazione che comunica tantissimo, ma si ascolta pochissimo.
Eleanor e la realtà che bussa
Durante una simulazione d’emergenza per una sparatoria scolastica – routine ormai tristemente comune negli istituti americani – Balthazar conosce Eleanor (Pippa Knowles), una ragazza intelligente e idealista, impegnata nella lotta contro la violenza armata. Colpito dal suo carisma e dalla lucidità con cui analizza la “violenza che inseguiamo mentre la creiamo”, Balthazar tenta di avvicinarla, partecipando a un rally contro le armi, ma la manifestazione fallisce per mancanza di partecipazione: un gesto politico svuotato, specchio di una società incapace di mobilitarsi davvero.
Quando Balthazar le mostra un video inquietante ricevuto da un follower, un certo death_dealer (letteralmente: portatore di morte), che minaccia di compiere una sparatoria in una scuola, Eleanor lo accusa di cinismo: più interessato ad apparire come un eroe che a capire la gravità del problema. È un momento di rottura, ma anche la scintilla che spinge il protagonista verso un viaggio che cambierà la sua visione del mondo.
Our hero, Balthazar: un viaggio nell’America invisibile
Determinato a “fare qualcosa”, Balthazar parte per il Texas per incontrare di persona l’autore delle minacce, scoprendo che dietro l’account “death_dealer” si nasconde Solomon (Asa Butterfield), un ragazzo povero, senza madre e con un futuro sospeso. Vive con la nonna, lavora vendendo integratori (“Thrush Supplements”) e sogna, senza crederci troppo, di cambiare vita.
Solomon è il contraltare perfetto di Balthazar: due ragazzi diversissimi per contesto ma uguali nella loro fame di attenzione, due volti dello stesso isolamento. Dopo l’iniziale rabbia per essere stato ingannato – Balthazar si era finto una ragazza per entrare in contatto con lui – Solomon finisce per accogliere l’estraneo come un amico.
Qui brilla in modo straordinario Asa Butterfield, che dà al personaggio una profondità inaspettata. Il suo Solomon è fragile e impulsivo, ma anche teneramente umano, un ragazzo che vorrebbe solo essere visto senza essere giudicato. Butterfield riesce a far convivere rabbia, ironia e vulnerabilità, trasformando Solomon in un cuore pulsante del film: il simbolo di un’America dimenticata, ma ancora viva e capace di empatia.
Our hero, Balthazar: l’interno della ferita
Il grande merito di Boyson è quello di raccontare il tema della violenza armata non dall’esterno, ma dall’interno: attraverso la vita, i sogni e la paura dei ragazzi che potrebbero diventarne vittime o carnefici. Non c’è retorica, non c’è morale imposta: il regista osserva, accompagna, lascia che siano i suoi personaggi a parlare.
La questione delle armi emerge così non come un problema astratto o politico, ma come un sintomo di un dolore più profondo, di una società che ha perso la capacità di ascoltare. “We are just fighting for our lives” (“Stiamo solo lottando per le nostre vite”) – afferma Balthazar dopo aver letto la frase su un articolo di cronaca relativo a uno school shooting – e il film segue le orme di questa consapevolezza dolorosa ma sincera: sopravvivere oggi significa trovare un modo per sentirsi parte di qualcosa di reale.
Comunità e identità in Our hero, Balthazar
Nel percorso che lega Balthazar e Solomon, il film riflette sulla necessità di una comunità autentica. I social media, con le loro promesse di connessione, diventano lo specchio deformante di un desiderio vero ma frainteso. “Nice to be part of a community” (“Bello far parte di una comunità”), dice Balthazar, ma la frase suona ironica, quasi disperata. Solo nel rapporto con Solomon, nella condivisione silenziosa delle loro fragilità, quella comunità si fa finalmente concreta.
La regia accompagna questo processo con un linguaggio visivo preciso: la fotografia pulita e asettica di New York si sporca di colori terrosi e luci naturali nel Texas, come se la realtà, finalmente, potesse filtrare attraverso lo schermo.
Un film potente
Our Hero, Balthazar è un film intenso e sorprendentemente empatico. Non giudica, non predica, ma ascolta. Boyson riesce a restituire la complessità di una generazione sospesa tra la connessione digitale e l’assenza di legami veri, firmando un’opera che parla di dolore, amicizia e speranza con una sincerità rara.
Grazie alle interpretazioni di Martell e di Butterfield – qui in una delle prove più mature della loro carriera – il film trova un equilibrio perfetto tra intimità e riflessione sociale, guardando dentro la ferita dell’America e trasformandola in un racconto di umanità, solitudine e ricerca di redenzione.
Our Hero, Balthazar
Sommario
Un film che guarda dentro la ferita dell’America e la trasforma in un racconto di umanità, solitudine e ricerca di redenzione.