

Ci sono momenti tesi, importanti, e altri ripetitivi e inutili soprattutto nella parte iniziale, ma Chandor riesce comunque a tenere in mano il film per buona parte della sua durata grazie a una regia sicura e ad alcune scelte di posizionamento della cinepresa decisamente efficaci.
Il regista infatti riprende molte immagini suggestive che coinvolgono gli elementi circostanti il protagonista: dalle nubi all’acqua, dal sole alla luna fino alle sinuose danze dei pesci sottostanti, la natura alimenta di continuo il motore del film e la sua brutale bellezza è sottolineata da una fotografia estremamente pulita di Peter Zuccarini e Frank DeMarco.
Il finale toglie qualcosa al film che, per come era stato costruito fino a quel momento, meritava una conclusione diversa, mentre quella proposta sullo schermo pare una stonatura abbastanza importante.
Robert Redford, è bravo nell’interpretare un uomo senza nome e senza passato e tiene in piedi un film che con un interprete poco carismatico avrebbe annoiato buona parte del pubblico; la sua fisicità riempie lo schermo e le espressioni che disegna con i soli occhi fanno il resto.
Nonostante una parte iniziale fiacca e un finale penalizzante, All is Lost è un film da vedere se non altro per le bellezze naturali, l’interpretazione del suo divo e una regia capace di cogliere il meglio da ogni situazione.

