È morto a 59 anni il regista sudcoreano Kim Ki-duk. Purtroppo la causa della morte è legata a complicazioni dovute all’infezione da Covid-19 contratta in Lettonia, dove si era recato, sembra, per comprare una casa a Jurmala lo scorso 20 novembre.

 

Si trasferisce da bambino a Seoul, studia per incanalarsi nel settore agricolo, ma problemi familiari lo costringeranno a lasciare gli studi e arruolarsi. La vita da militare nell’esercito influenza moltissimo il suo modo di approcciarsi alle persone e il suo cinema. Per fortuna, ad un certo momento della sua vita, la passione per l’arte che lo accompagna da sempre, lo spinge a spostarsi in Europa.

A Parigi vive dei suoi dipinti e si approccia alla sceneggiatura. Nel 1992 torna in Corea dove vince un premio della Korea Film Commission per la migliore sceneggiatura di Jaywalking. Nel 1993 debutta come regista, con The Crocodile. Successivamente realizza Wild Animals e Birdcage Inn.

Del 2000 è Seom – L’isola, film che genera una spaccatura nella sua produzione cinematografica. Il successivo Shilje sanghwang sarà il suo primo insuccesso, forse proprio a causa della forte impronta innovativa che aveva caratterizzato il film. Sostanzialmente il film fallisce per incomprensione. Dopo alcuni film molto crudi, Primavera, estate, autunno, inverno… e ancora primavera (2003) lo consacra in tutta Europa.

Il 2004 è un anno prezioso: La samaritana vince l’Orso d’oro per la miglior regia al 54° Festival del Cinema di Berlino, mentre Ferro 3 – La casa vuota, vince il Leone d’argento per la miglior regia alla 61. Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, oltre a una candidatura al David di Donatello come miglior film straniero.

La sua produzione continua ad essere controversa, fino ad una battuta d’arresto, tra il 2008 e il 2011. Arriva, nel 2012, Pietà, che trionfa a Venezia conquistando il Leone d’Oro. Torna al Lido nel 2016 con Il prigioniero coreano, distribuito nelle sale italiane nel 2018.

- Pubblicità -