Il gatto con gli stivali (1969): recensione del film di Kimio Yabuki


Anno:
1969

 

Regia: Kimio Yabuki

Con le voci di: Carlo Romano e Fabrizio Vidale (il gatto Pero nel 1968 e nel 2004), Paolo Torrisi e Alessio Puccio (Pierre nel 1968 e nel 2004), Francesca Fossi e Veronica Puccio (la principessa Rosa nel 1968 e nel 2004), Riccardo Garrone e Roberto Pedicini (Lucifero nel 1968 e nel 2004), Roberto Bertea e Sergio Tedesco (il Re nel 1968 e nel 2004).

Sinossi: Pero è un gatto dal folto pelo grigio che porta un paio di lunghi stivali rossi e che non condivide la voglia di andare a caccia del suo clan: quando viene condannato a morte dal Clan dei Gatti per aver salvato un topo, fugge e incontra Pierre, figlio di un mugnaio, scacciato dai fratelli dopo la morte dei genitori. Pierre e Pero partono in cerca di fortuna e incontrano la bella principessa Rosa, figlia del re di quelle terre e Pierre si innamora di lei. Pero decide di fare in modo che il suo amico umano possa coronare il suo sogno d’amore ed escogita uno stratagemma per far credere al re che Pierre è il marchese di Carabas. Pierre partecipa ad un ricevimento a corte, ma non riesce a portare fino in fondo il suo inganno e rivela a Rosa la sua vera identità: in quel momento compare il terribile orco stregone Lucifero, che vuole impadronirsi del regno e sposare la principessa, e rapisce Rosa.

Saranno Pierre, con Pero e una scalcinata banda di topolini ladroni amici del gatto che daranno l’assalto al cupo castello di Lucifero, per restituire la libertà a Rosa e per fare sì che l’eroe umano possa realizzare il suo sogno d’amore.

Analisi: Ancora oggi il logo della Toei Animation, la più prolifica casa di produzione animata giapponese, quella da cui sono nati cartoni animati come Ufo robot Goldrake, Candy Candy, Capitan Harlock, Ken il guerriero e I cavalieri dello zodiaco, è il muso simpatico e sbarazzino di Pero, protagonista de Il gatto con gli stivali e primo, grande successo.

Il gatto con gli stivali fu presentato fuori concorso alla mostra del Cinema di Venezia, uscì in alcuni cinema di seconda visione e parrocchiali salvo poi venire trasmesso a getto quasi continuo sulle neonate tv private tra anni Settanta e Ottanta, mentre si registrava il boom degli orfanelli e dei robot made inJapan, ed ha goduto poi di un’uscita per il mercato home video nel 2004.

La sceneggiatura rielabora la fiaba tradizionale, ripresa da Charles Perrault ma presente anche nelle novelle di Francesco Straparola, sia pure con una conclusione amara, aggiungendo elementi de Il lago dei cigni e de La Bella e la Bestia e costruendo una fiaba incantata, con tante delle tematiche care all’animazione giapponese, quali l’amicizia tra outsider, l’esaltazione del coraggio, la ricerca dell’avventura come gli antichi samurai.

Un film da riscoprire, da vedere e rivedere, che si regge sulla simpatia del gatto Pero, omaggio allo scrittore Perrault, personaggio da fiaba che unisce Occidente e Oriente nella venerazione del gatto, animale magico per eccellenza. In Giappone i gatti sono considerati animali portafortuna, basti pensare ai classici maneko neko, statue poste fuori dalle case e dai templi a forma di gatto, non sono mai stati fatti oggetto di persecuzione, e sono presenti in diversi film d’animazione, come compagni dell’eroe di turno (un esempio tra tutti, il serial Sailormoon) e come personaggi (come avviene in Totoro di Miyazaki).

E a proposito di Miyazaki, alcune sequenze, nella liberazione di Rosa dal castello di Lucifero portano la sua firma: il futuro maestro dell’animazione giapponese, fondatore dello Studio Ghibli, si fece le ossa anche in questo film d’animazione e il suo stile è inconfondibile.

Pero tornò come protagonista di altri due film, Continuavano a chiamarlo il gatto con gli stivali, con toni da spaghetti western, e Il gatto con gli stivali in giro per il mondo, un omaggio a Jules Verne: simpatici entrambi, ma il primo è impagabile come fiaba magica, e non ha nulla da invidiare a cartoni animati più noti, non ultima la reincarnazione del felino fatta in animazione computerizzata grazie a Shrek nel nuovo millennio.

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