Ratatouille: recensione del film Disney Pixar

Ratatouille

La recensione del film d’Animazione Ratatouille della Disney Pixar diretto da Brad Bird e Jan Pinkava. Voci originali di Patton Oswalt (Rémy), Lou Romano (Alfredo Linguini), Janeane Garofalo (Colette Tatou), Peter Sohn (Émile), Brad Garrett (Auguste Gusteau), Ian Holm (Skinner), Brian Dennehy (Django), Peter O’Toole (Anton Ego).

 

La trama

Il topino Rémy sembra non essere intenzionato ad accettare la propria natura di roditore, magari rovistando per tutta la vita nella spazzatura. Vuole sfruttare il suo straordinario olfatto per creare delle vere e proprie opere d’arte con il cibo, proprio come il suo idolo umano, lo chef Auguste Gusteau. Sullo sfondo di un’affascinate Parigi, Rèmy giungerà al ristorante appartenuto a Gusteau e verrà coinvolto nelle vicende di un goffo sguattero: Alfredo Linguini. Tra i due nascerà un’amicizia che affonderà le sue radici nell’arte della cucina e nella volontà di far rinascere il ristorante di Gesteau, contrastando il malizioso chef Skinner e conquistando le papille gustative del critico Anton Ego.

L’analisi del film

Dopo l’Oscar al miglior film d’animazione con Gli Incredibili, Brad Bird replica questo successo con Ratatouille. Solo dopo averlo visto abbiamo la certezza che Ratatouille riprende la definizione di film d’animazione per eccellenza, non solo per l’accuratezza degli effetti digitali, ma anche per un’avventura che si adatta alla visione degli adulti, oltre che dei bambini.

Ratatouille è il film d’animazione per eccellenza 

Il soggetto della storia era stato sviluppato da Jan Pinkava, successivamente sostituito da Bird che vi apportò modifiche insieme a Jim Capobianco (noto per Il gobbo di Notre Dame, Il re leone, Mosters & Co e Alla ricerca di Nemo), Emily Cook e Kathy Greenberg. Il risultato è una storia avvincente che non stanca mai lo spettatore, grazie ad una sceneggiatura che, oltre alla sua innocenza e semplicità, lascia spazio a interessanti tematiche: il difficile ingresso delle donne nel mondo dell’alta cucina, come lamenta il personaggio di Tony Colette; la separazione e l’emancipazione dalla famiglia; la fiducia nelle proprie capacità per realizzare un sogno.

A completare il quadro ci sono le particolarità dell’animazione. I personaggi umani, seppur lontani dal reale aspetto antropico, sono resi alla perfezione grazie a complesse espressioni facciali; i topi vengono realizzati nei dettagli più minuziosi pur mantenendo la caratterizzazione animata. Inoltre gli sviluppatori, primo fra tutti Brad Bird, hanno frequentato corsi di cucina (tra cui il ristorante di Thomas Keller, l’inventore della ratatouille), per riuscire a riprodurre una grande varietà di piatti. Il loro duro lavoro non si è fermato qui, basti pensare alla complessa scenografia che ha come soggetto Parigi: per realizzarla c’è stato bisogno di foto e riproduzioni di strade ed edifici riprese dalla città e rese all’altezza del protagonista Rémy.

Queste non sono altro che peculiarità aggiunte alla meraviglia che ci coglie con la visione di Ratatouille. La vicenda non è mai statica, ci lascia incollati alla poltrona per circa un’ora e un quarto, senza mai stancarci. Le peripezie del topolino e dello sbadato Linguini nascondono dietro la loro comicità una morale che dimentichiamo spesso durante la nostra vita: così come il mondo della cucina può risultare totalmente estraneo a chi in realtà è in grado di riuscire nel campo, così qualsiasi altro sogno può divenire raggiungibile grazie alla determinazione. È proprio con questa lezione che il finale del film ci lascia, mentre pensiamo di correre a casa per sperimentare ricette su ricette.

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