I Quattro dell’Apocalisse: recensione del film di Lucio Fulci

I Quattro dell'Apocalisse

I Quattro dell’Apocalisse è il film dell’anno 1975 diretto da Lucio Fulci e con Fabio Testi, Tomas Milian, Lynne Frederick, Harry Baird, Michael J. Pollard.

 

In questo film, i quattro protagonisti sono, a tutti gli effetti, dei misfits, personaggi borderline che vivono ai margini della società: un baro, una prostituta, un uomo di colore ed un ubriacone. Stubby (Fabio Testi), un baro esperto e vanesio, arriva nella cittadina di Salt Flat. Arrestato dall’incorruttibile sceriffo, viene chiuso in prigione insieme alla prostituta incinta Bunny (Lynne Frederick), il “sensitivo” nero Bud (Harry Baird) e l’ubriacone Clem (Michael J. Pollard). La notte stessa una banda di fanatici religiosi, con la benedizione dello sceriffo intenzionato a ripulire Salt Flat dal vizio e dalla corruzione, attua un vero e proprio massacro sistematico. Al mattino, sempre lo sceriffo invita i “quattro dell’Apocalisse” ad abbandonare la città consegnando loro un carretto.

I malcapitati si avviano verso gli impervi ed aspri territori alla ricerca della cittadina più vicina, e sulla loro strada fanno gli incontri più disparati: prima una carovana di cristiani che li aiuta offrendo loro del cibo, poi quello con un misterioso messicano, tale Chaco (Tomas Milian), derubato dai banditi. In realtà l’uomo è un terribile e sadico bandito ricercato dalla polizia e, dopo aver stordito i quattro compagni con del peyote, li deruba ma non prima di aver sparato a Clem (ribellatosi) e aver stuprato Bunny: è così che Stubby giura di vendicarsi uccidendo Chaco, ma la strada della vendetta non è mai stata così lunga e difficile.

I Quattro dell’Apocalisse, il film

Lucio Fulci è stato uno di quei cineasti italiani in grado di attraversare, indenne, mille vite e di reinventarsi ogni volta, pur mantenendo inalterato il proprio stile e il proprio tocco da navigato maestro: da regista di musicarelli e commedie con Franco e Ciccio, ad autore impegnato di thriller hitchcockiani con risvolti politici, fino agli horror con venature marcatamente gore e i western di frontiera degli anni ’70.

E proprio a metà degli anni ’70 (precisamente nel 1975) gira il western crepuscolare I Quattro dell’Apocalisse: crepuscolare perché ancora legato ad un impianto tradizionale che ricalca alla perfezione il mood degli Spaghetti western italiani più amati, collocandosi però- allo stesso tempo- nella fase discendente del genere che muterà, di lì a breve, nel clima più giocoso e sopra le righe dei suddetti Fagioli Western popolati dai vari epigoni di Trinità e compagni.

Fulci segue le orme di Sam Peckinpah e dei suoi western rivoluzionari ed anarchici: addio antiche faide tipicamente a stelle e strisce tra indiani e cowboy; basta duelli frontali a mezzogiorno in punto, baciati dal sole a picco e coperti dalla polvere e dal sudore; basta lotte di liberazione in favore del popolo messicano e alla loro causa rivoluzionaria; addio trielli e piani messicani tesi, adesso si dà voce agli emarginati, alle figure che da sempre popolano il sottobosco western ma che non hanno mai avuto ruoli alla ribalta. Il protagonista, Stubby, è l’antieroe guascone e romantico, che da perfetto baro bugiardo compie, attraverso l’arco narrativo del film, il suo viaggio interiore fino a trasformarsi in un eroe atipico, un “cavaliere pallido”, un giustiziere solitario dalla morale ambigua che prende il sopravvento sull’antagonista effettivo della pellicola, Chaco, caratterizzato da Milian come una sorta di rockstar maledetta dotata di un fascino perverso e magnetico tanto da rubare la scena al personaggio di Stubby/ Testi, almeno finché i due compaiono insieme.

La sceneggiatura fu scritta da Ennio De Concini, che si ispirò ad una serie di racconti del 1868 pubblicati da Francis Brett Harte con il titolo di The luck of roaring camp.

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Ludovica Ottaviani
Ex bambina prodigio come Shirley Temple, col tempo si è guastata con la crescita e ha perso i boccoli biondi, sostituiti dall'immancabile pixie/ bob alternativo castano rossiccio. Ventiquattro anni, di cui una decina abbondanti passati a scrivere e ad imbrattare sudate carte. Collabora felicemente con Cinefilos.it dal 2011, facendo ciò che ama di più: parlare di cinema e assistere ai buffet delle anteprime. Passa senza sosta dal cinema, al teatro, alla narrativa. Logorroica, cinica ed ironica, continuerà a fare danni, almeno finché non si ritirerà su uno sperduto atollo della Florida a pescare aragoste, bere rum e fumare sigari come Hemingway, magari in compagnia di Michael Fassbender e Jake Gyllenhaal.
i-dellapocalisse-recensione-film-lucio-fulciFulci segue le orme di Sam Peckinpah e dei suoi western rivoluzionari ed anarchici: addio antiche faide tipicamente a stelle e strisce tra indiani e cowboy; basta duelli frontali a mezzogiorno in punto, baciati dal sole a picco e coperti dalla polvere e dal sudore; basta lotte di liberazione in favore del popolo messicano e alla loro causa rivoluzionaria; addio trielli e piani messicani tesi, adesso si dà voce agli emarginati, alle figure che da sempre popolano il sottobosco western ma che non hanno mai avuto ruoli alla ribalta.