Milano Violenta recensione del film di Mario Caiano

Milano Violenta è il film del 1976 diretto da Mario Caiano con protagonista di Claudio Cassinelli, Elio Zamuto, Silvia Dionisio, Vittorio Mezzogiorno, Massimo Mirani.

 

Milano Violenta, la trama

Trama: La trama parte da una rapina organizzata da Raul Montalbani, un bandito schivo, furbo, intelligente e scaltro, un tipico anti-eroe come nella migliore tradizione cinematografica anglosassone; insieme ad una serie di complici organizza una rapina nella sede della ASPEX grazie alla collaborazione di un misterioso basista della società.

Ma la polizia fa irruzione sul luogo, costringendo i banditi alla fuga: due di loro riescono a scappare con il malloppo, gli altri due sono costretti a fare degli ostaggi per poter scappare e addirittura uno di loro, fausto, muore dopo un frontale contro un tir.

Montalbani, detto “il Gatto” per la sua natura, si mette sulle tracce dei suoi ex compari per portare a termine la sua vendetta e poter recuperare così i soldi del bottino…intanto, anche la polizia indaga cercando di risolvere il caso.

Milano Violenta, il film

Milano Violenta recensione posterAnalisi: Tra i tanti poliziotteschi che vengono girati in Italia alla fine degli anni ’70 troviamo anche questo Milano Violenta, prodotto nudo e crudo erede della tradizione gangsteristica e noir americana, che si presenta come una versione “riveduta e corretta”, adattata per il pubblico italiano, dell’immortale capolavoro di Sidney Lumet Quel Pomeriggio di un Giorno da Cani.

Un heist movie teso, caratterizzato dalla fotografia sgranata, “sporca” e sovraesposta, curata da Pierluigi Santi e utilizzata per confezionare un buon prodotto destinato al mercato popolare, per soddisfare i gusti di un pubblico sempre in cerca di nuove emozioni visive che ricordassero da vicino le “meraviglie” dell’allora cinema americano della controcultura hollywoodiana.

L’esito è, però, altalenante: da una parte la pellicola paga il fatto di essere una “goccia in mezzo al mare”, uno dei tanti poliziotteschi realizzati all’epoca, assimilato per errore all’infinita serie dei vari Napoli Violenta, Roma Violenta, Provincia Violenta e Torino Violenta, con i quali però non ha niente da condividere; dall’altra il tentativo di Caiano di regalare una storia dal sapore “clochardesco” e goddardiano fallisce di fronte ad una serie di errori tecnici vistosi (soprattutto se osservati con lo sguardo di un moderno spettatore), ad una trama debole e fragile che si sfalda di fronte a tutti i cliché del genere disseminati nel film.

Ritmo teso, scene spettacolari, fotografia livida e azzeccata atmosfera noir, nonostante la location che con Milano ha ben poco a che fare. Fu, infatti, girato quasi interamente a Roma, come si può evincere dopo un’attenta riflessione osservando il paesaggio e notando come diverse scene siano state girate nel mattatoio di Testaccio.

Tutti questi elementi servono a conferire alla pellicola un gusto ed un’estetica più simili a quelli dei grandi classici noir americani, anche se contaminati dal nostro gusto italico e fortemente “seventies” per la contaminazione di stili e l’attenzione per l’exploitation;un forte gusto gore e tanti inseguimenti in auto tutti questi elementi insieme ad un cast forte e in stato di grazia, a partire dai protagonisti fino ai comprimari che rimangono però scolpiti nella mente per via dei personaggi memorabili che interpretano, tutti abbastanza “sporchi e cattivi”, rendono questa pellicola una piacevole eccezione o comunque un tentativo da parte di Caiano di realizzare un prodotto meno reazionario rispetto agli epigoni del periodo.

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Ludovica Ottaviani
Ex bambina prodigio come Shirley Temple, col tempo si è guastata con la crescita e ha perso i boccoli biondi, sostituiti dall'immancabile pixie/ bob alternativo castano rossiccio. Ventiquattro anni, di cui una decina abbondanti passati a scrivere e ad imbrattare sudate carte. Collabora felicemente con Cinefilos.it dal 2011, facendo ciò che ama di più: parlare di cinema e assistere ai buffet delle anteprime. Passa senza sosta dal cinema, al teatro, alla narrativa. Logorroica, cinica ed ironica, continuerà a fare danni, almeno finché non si ritirerà su uno sperduto atollo della Florida a pescare aragoste, bere rum e fumare sigari come Hemingway, magari in compagnia di Michael Fassbender e Jake Gyllenhaal.