Nel 1987 l’artista praghese Jan Švankmajer realizzò il suo primo lungometraggio Alice (Něco z Alenky).
Si trattava di una sua personalissima trasposizione dell’Alice nel Paese delle Meraviglie di Lewis Carroll. Una rilettura visionaria, macabra, fatta di ossa e vecchi giocattoli, ambientata in una fatiscente cantina, formata da una successione di stanze abbandonate.
La storia è fedele a
quella che noi tutti conosciamo: Alice, stufa di stare insieme alla
sorella, insegue un coniglio e finisce sottoterra, nella sua tana,
ingresso di un mondo fantastico popolato di strambe creature. Ma
l’interpretazione e la messinscena di Švankmajer è unica ed
originale. Il coniglio è un vecchio coniglio impagliato che perde
la segatura della sua imbottitura e che si rammenda da solo con una
spilla da balia, il bruco è un vecchio calzino con la dentiera, e
tutti gli animali sono sinistre creature assemblate con crani,
stracci e vecchi oggetti, simili per molti aspetti alle
strabilianti opere di Jean Tinguely. Alice invece
è una bambina in carne ed ossa, incredibilmente espressiva e dallo
sguardo spietato di quella fanciullezza che a breve inizierà la
metamorfosi verso l’età adulta.
Alice (Něco z Alenky)
Le battute sono pochissime,
ridotte all’essenziale, la musica è completamente assente e la
colonna sonora è costituita da rumori e suoni reali, perché, come
sostiene l’autore, in questo modo si acquista un maggiore senso di
realtà e ci si allontana dall’idea di fiaba. Švankmajer sostiene di
aver voluto fare un film sul sogno e di ave utilizzato gli scritti
di Carroll come mezzo per porre un nuovo accento sul concetto di
sogno che l’attuale civiltà ha gettato negli immondezzai della
psiche.
Sono lontane le sdolcinature canterine per famiglie della versione Disney e anche le goticizzazioni fuori luogo e astruse che verranno tanti anni dopo dalle versione di Tim Burton, così come tutte le altre trasposizioni cinematografiche, che cercando di rimanere fedeli all’originale letterario lo tradiscono in partenza. Forse si potrebbe fare un parallelo tra il film di Švankmajer e la versione illustrata da Dusan Kallay del 2004, perché si tratta di due artisti nati e cresciuti entrambi in terra Boema e appartenenti alle ultime propaggini del movimento surrealista. E’ proprio di surrealismo si avverte l’anima in questo film; non bisogna dimenticare che “Alice nel Paese delle Meraviglie” era il libro per eccellenza di molti esponenti di tale avanguardia, che lo consideravano carburante per la mente. Come sosteneva Viginia Woolf, “i due libri di Alice non sono libri per bambini, ma gli unici libri in cui noi diventiamo bambini”.
Švankmajer dice che non gli piacciono i film disegnati, così la tecnica utilizzata nel film è quella dell’animazione stop-motion, mescolata con molte parti in live-action per quanto riguarda il personaggio di Alice. Ma non si tratta di un’animazione perfetta, bensì di un qualcosa di artigianale, scattoso, polveroso, rugginoso, e proprio per la sua istintiva imperfezione plausibile ed incredibilmente reale. Si respira a pieni polmoni lo spettro dell’animazione dei paesi dell’est, quella di Władysław Starewicz e di Jiří Trnka per intenderci, che tanto influenzerà i geni di questa tecnica, i fratelli Quay, che nella loro formazione andranno per un periodo a studiare nella bottega di Jan Švankmajer e al quale dedicheranno poi con riconoscenza un cortometraggio.
Le riprese sono
durate circa un anno e ad un occhio attento è possibile intravedere
la piccola metamorfosi della bambina che interpretava Alice, che
all’inizio aveva sette anni e alla fine otto. E siccome le scene
non sono state girate in progressione, Švankmajer si diverte a
pensare che con il passaggio di una porta la bambina invecchi
improvvisamente di qualche mese, per poi ringiovanire magicamente
al passaggio successivo. Tutti gli oggetti presenti nella pellicola
sono stati raccolti dallo stesso Švankmajer, appassionato di
collezionismo, accumulatore di oggetti e instancabile curatore
della sua personale wunderkammer, che si accresce a dismisura
pellicola dopo pellicola, grazie anche al lavoro di sua moglie Eva,
scenografa di tutti i suoi film, purtroppo scomparsa nel 2005.
Švankmajer è nato a Praga il 4 settembre del 1934, dove tuttora vive e lavora. E’ autore, oltre a molti cortometraggi, di numerosi lungometraggi oltre a Alice, tra i quali “Lezione Faust” del 1994, “I Cospiratori del Piacere” del 1996 e “Otesànek” del 2000. Se siete di passaggio a Praga potete provare a passare alla galleria Gambra, nei pressi del Castello, dove sono esposte alcune sue opere assieme a quelle dei maggiori esponenti del movimento surrealista ceco. La scrittrice Angela Carter ha dedicato un suo racconto al suo mondo e al suo laboratorio di animazioni, paragonandolo al gabinetto di un alchimista.
Alice è finalmente uscito in DVD in versione italiana con RARO VIDEO, con il titolo ALICE. E’ una bella edizione, con un libretto contenente vari testi sul film e molte testimonianze dello stesso Švankmajer. Tra gli extra è presente un suo cortometraggio del 1982 “Possibilità di dialogo” e “Alice in Wonderland” di Percy Stow e Cecil M. Hepworth del 1903.