Malavia: recensione del nuovo film di Nunzia De Stefano – #RoFF20

Il film è stato presentato nella sezione Freestyle della Festa del Cinema di Roma 2025.

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Con Malavia, presentato e visto in anteprima alla 20ª edizione della Festa del Cinema di Roma nella sezione Freestyle, Nunzia De Stefano torna dietro la macchina da presa dopo l’apprezzato Nevia (2019). Ancora una volta, la regista sceglie di raccontare il margine, le vite sospese in bilico tra sogno e sopravvivenza, tra rabbia e speranza.

Prodotto da Matteo Garrone e distribuito prossimamente da Fandango, Malavia è una produzione Archimede e Rai Cinema, e conferma la sensibilità di De Stefano nel catturare il reale attraverso uno sguardo empatico ma mai indulgente. Il film segue la storia di Sasà (Mattia Francesco Cozzolino), tredicenne della periferia napoletana che sogna di diventare rapper e di riscattare se stesso e la madre Rusè (Daniela De Vita) da una quotidianità fatta di precarietà e disillusione. Ma il percorso verso la luce non è lineare: la caduta nella criminalità sembra inevitabile, finché l’incontro con il mentore Yodi (Giuseppe “PeppOh” Sica) apre uno spiraglio verso un nuovo inizio.

Foto Credits Gianni Fiorito

Realismo e poesia nel racconto della periferia

Ciò che colpisce immediatamente in Malavia è l’autenticità dello sguardo. De Stefano, che conosce profondamente le dinamiche dei luoghi e dei corpi che racconta, non costruisce mai un racconto filtrato da pietismo o retorica. La sua Napoli è viva, aspra, fatta di voci e sguardi, di un’energia pulsante che attraversa ogni fotogramma.

Il film si nutre di un linguaggio diretto, quasi documentaristico, in cui la camera segue i personaggi da vicino, restituendo la sensazione di trovarsi dentro le loro vite. Non c’è artificio, ma una verità visiva e umana che si percepisce in ogni dettaglio, dai volti dei protagonisti alle strade sconnesse dei quartieri popolari.

In questa dimensione cruda e autentica, De Stefano riesce comunque a inserire una poesia sottile, fatta di piccoli gesti e momenti sospesi, di grande tenerezza. La musica, in particolare, diventa non solo strumento narrativo ma anche elemento simbolico: il ritmo e la parola diventano veicoli di liberazione, un modo per affermare la propria identità quando tutto intorno sembra negarla.

Foto Credits Gianni Fiorito

Il potere salvifico della musica e dell’arte

Il tema del riscatto attraverso l’arte non è nuovo nel cinema contemporaneo, ma Malavia riesce a renderlo fresco e sincero, abbracciando anche le trappole della prevedibilità, senza scappare dai luoghi comuni ma dando loro sostanza e autenticità. La musica rap, linguaggio delle periferie e mezzo di espressione spontaneo, diventa per Sasà un atto di sopravvivenza.

Il giovane protagonista, interpretato con una naturalezza disarmante da Mattia Francesco Cozzolino, vive la musica come un sogno e una promessa. Il suo percorso – dall’entusiasmo ingenuo alla caduta, fino alla rinascita – segue le tappe di una formazione emotiva e morale che non ha nulla di artificioso. Accanto a lui, la figura di Yodi, interpretato da Giuseppe “PeppOh” Sica, rappresenta la possibilità di una guida, di una mano tesa che non giudica ma accompagna.

In questo senso, Malavia è anche un film sull’importanza dell’incontro, sulla capacità di riconoscere nell’altro una possibilità di cambiamento. L’arte, nel mondo di De Stefano, non è mai evasione, ma strumento concreto di resistenza, un modo per riappropriarsi della propria voce e, con essa, del proprio destino.

Un cast giovane e sorprendente per un racconto di verità

Foto Credits Gianni Fiorito

Uno degli elementi che più contribuiscono alla forza del film è la scelta del cast. De Stefano affida i ruoli principali a giovani interpreti non professionisti, trovando in loro una verità recitativa che attori più strutturati difficilmente avrebbero potuto restituire.
Mattia Francesco Cozzolino è una rivelazione: intenso, istintivo, capace di esprimere la fragilità e la rabbia di Sasà con uno sguardo che dice più di mille parole. Accanto a lui, Daniela De Vita nel ruolo della madre offre un ritratto di struggente umanità: una donna ferita ma non vinta, simbolo di una generazione intrappolata tra sogni infranti e desiderio di riscatto.

Il film si arricchisce poi delle presenze di Junior Rodriguez, Francesca Gentile, Ciro Esposito, Artem e Nicola Siciliano, che contribuiscono a costruire un mosaico corale e credibile. Tutti i personaggi, anche quelli minori, vivono di una propria luce, grazie a una scrittura che non giudica ma osserva, con rispetto e compassione.

La regia di De Stefano, sostenuta da una fotografia vibrante e da un uso sapiente del suono, riesce a fondere realismo e lirismo, offrendo un’esperienza sensoriale che colpisce lo spettatore sul piano emotivo. La colonna sonora, curata con attenzione, diventa parte integrante del racconto, amplificando il battito vitale del film.

Con Malavia, Nunzia De Stefano conferma di essere una delle voci più autentiche e necessarie del nuovo cinema italiano. Il suo è uno sguardo che non ha paura di sporcarsi di realtà, ma che sa trovare la bellezza anche nel dolore.

Il film parla di sogni, cadute e rinascite, ma soprattutto di identità: di come l’arte possa restituire dignità e speranza a chi la società tende a dimenticare. Intenso, vibrante e profondamente umano, Malavia è un film che tocca corde universali, ricordandoci che, anche nei luoghi più difficili, la bellezza può ancora salvare.

Malavia
2.5

Sommario

Intenso, vibrante e profondamente umano, Malavia è un film che tocca corde universali.

Chiara Guida
Chiara Guida
Laureata in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è una gionalista e si occupa di critica cinematografica. Co-fondatrice e Direttore Responsabile di Cinefilos.it dal 2010. Dal 2017, data di pubblicazione del suo primo libro, è autrice di saggi critici sul cinema, attività che coniuga al lavoro al giornale.

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