Dark City recensione del film di Alex Proyas

dark city posterAnno: 1998

 

Regia: Alex Proyas

Cast: Rufus Sewell, William Hurt, Kiefer Sutherland, Jennifer Connelly, Richard O’Brien

Trama: Un uomo privo di memoria si ritrova braccato da alcune misteriose entità, note come gli Stranieri;  qualche aiuto esterno e una buona dose di ‘poteri psichici’ permetteranno al protagonista di giungere alla verità su sé stesso, svelando allo stesso tempo una terrificante realtà, celata  dietro le ombre della ‘Città Oscura’ del titolo, immersa in una sorta di notte perenne.

Analisi: Il successo planetario arriso al Corvo (complice il tragico destino del protagonista Brandon Lee)  aveva reso  Alex Proyas uno dei ‘nomi caldi’ del cinema sci-fi e dintorni; con le ampie risorse a disposizione, il regista australiano gioca ancora una volta con le ambientazioni: la città è costruita ex-novo, Dark City è girato  interamente in studio, senza avvalersi di alcuna location ‘reale’, per un film che fa dell’impatto visivo il suo principale punto di forza; non a caso l’aggettivo più usato ed abusato per l’occasione è stato  ‘visionario’.

Una città che appare uscita direttamente da un immagi nario onirico, a ricordarne tante altre senza essere direttamente conducibile ad alcuna, in cui svolge una vicenda che finisce per avere forse qualche contorsione di troppo,  lasciando costantemente  lo spettatore nell’incertezza di cosa lo aspetterà lungo il percorso verso la verità. Si respira già aria ‘da Matrix’, che sarebbe giunto a distanza di un anno, riproponendone  alcuni dei temi di fondo seppur sostituendo le atmosfere plumbee di Proyas con la grandeur da ‘supereroi in salsa cyberpunk’ dei Wachowsky, i quali non a caso avrebbero riutilizzato parte delle scenografie create da Darius Wolsky sui progetti di Patrick Tatopoulos.

Il protagonista ha il volto dell’inglese Rufus Sewell, in uno dei  ruoli più importanti, di una carriera poi snodatasi senza particolari scosse; attorno a lui, in un cast tutto sommato efficace, si fanno ricordare Kiefer Sutherland, William Hurt e Jennifer Connelly. Dark City

Contrastato l’esito: al botteghino gli incassi di Dark City hanno pareggiato a mala pena i costi, complice la contemporanea uscita del Titanic cameroniano, ma anche per il suo essere un film lontano dai gusti del ‘grande pubblico’, che dal ‘regista del Corvo’ forse si aspettava nuovamente una vicenda più ‘lineare’… come spesso succede in questi casi, il film è in seguito diventato ‘oggetto di culto’ per gli appassionati del genere che ne hanno gradito le atmosfere da incubo kafkiano. La critica ne ha apprezzato soprattutto atmosfere e messa in scena.

Particolarmente curata la colonna sonora, come d’abitudine per Proyas: alle sonorizzazioni di Trevor Jones si affiancano i brani, tra gli altri, di Gary Numan ed Echo and The Bunnymen, all’insegna di quelle sonorità post-punk, altrimenti definite ‘gotiche’, più che mai adatte alle atmosfere del film.

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