Superman Returns recensione filmAnno: 2006

 

Regia: Brian Synger

Cast: Brandon Routh, Kevin Spacey, Sam Huntington, Kate Bosworth, James Marsden.

Trama: Quando Superman ritorna in grande stile dopo 5 anni di assenza, giustificata (ma non agli occhi del mondo) da un viaggio verso gli ultimi resti del suo pianeta natale Krypton, non tutti sono pronti ad accettarlo. Specialmente la sua amata Lois Lane che intanto ha vinto un premio pulitzer con l’editoriale “Perchè il mondo non ha bisogno di Superman” e vive con un compagno e un figlio. Ci sono molte cose da mettere a posto, disastri da sventare, criminali da inseguire, donne amate da riconquistare e soprattutto Lex Luthor da fermare.

Analisi: Superman come Batman. Dopo le degenerazioni degli ultimi capitoli occorreva fare ordine, tornare alle origini, riprendere i fili del discorso. Di acqua ne è passata sotto i ponti, di cose ne sono accadute dentro e fuori lo schermo e il primo dei supereroi rischiava di essere tagliato fuori se non ci si inventava qualcosa per giustificarne assenza e ritorno. E così è stato. L’uomo d’acciaio raffigurato in Superman Returns e diretto da Bryan Singer, è tutto nuovo anche se con un’aura demodé che poco gli dona, e si riallaccia al primo episodio ignorando giustamente gli altri.

Ora che i film tratti dai supereroi dei fumetti sono diventati un vero e proprio sottogenere cinematografico, blockbuster da svariati milioni di dollari a botta, la trasposizione sul grande schermo non può accontentarsi di essere una semplice avventura per ragazzi. Ecco allora che le operazioni in tal senso diventano radicali. Bryan Singer mette molta carne al fuoco e (pur continuando a sospettare che sia un sopravalutato) quello che ne esce è un divertente kolossal, dove si mescolano poesia e azione, piccoli sguardi e imprese titaniche, sentimenti ed effetti speciali – stavolta sì – davvero da urlo (la sequenza dell’aereo su tutte). Superman torna così ad essere quello che è (non sfuggirà ai più attenti la citazione della prima copertina del fumetto, un’icona ormai, in cui Superman solleva un’auto sopra la testa o la resurrezione, per pochi secondi purtroppo, di Marlon Brando nei panni del padre Jor-El): l’eroe a tutto tondo senza macchia e senza paura, colui che può tutto ma che soffre per amore, il figlio mandato dal padre per salvare il genere umano, un popolo che sa fare del bene ma che ha bisogno di qualcuno che gli indichi la strada. Il mondo ha bisogno di Superman? è la domanda che serpeggia lungo tutto il film. A proiezione conclusa la risposta è, ancora di più, sì nonostante Lois Lane, nell’articolo che le ha regalato il Pulitzer, dica di no.

Il ritorno di Superman datato 2006 quindi, nonostante abbia convinto in pochi, forse a causa di un attore protagonista poco convincente (Brandon Routh) e di un plot twist di poco impatto emozionale, vince per un forte legame al film del 1979. Bryan Singer infatti mette in scena un super eroe umano, in salsa old fashion molto legato alla mitologia dei fumetti, però pecca di presunzione, rendendo il nuovo Superman bi-dimensionale, quasi senz’anima. Intrigante e di grande effetto invece è Lex Lutor interpretato da un magnetico Kevin Spacey, forse l’unico vero attore che ha dato un volto terribilmente attraente ad uno dei  villain più amati di sempre. Per il resto Superman Returns nonostante le accortezze stilistiche, poteva fare di meglio.Superman Returns recensione

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Carlo Lanna
Nato e cresciuto in un piccolo centro vicino Napoli, Carlo fin da ragazzino, è rimasto sedotto dal mondo del cinema e dalle serie tv.  Lettore accanito di saghe fantasy (la sua preferita è Il Ciclo di Shannara), conosce a memoria le battute del film Marnie del grande Alfred Hitchcock; divoratore onnivoro di serie tv, è cresciuto tra la generazione di Beverly Hills e quella di Dawson's Creek anche se la sua serie tv preferita rimane Buffy. Adora tutto ciò che il regista JJ Abrams partorisce dalla sua mente, e vorrebbe essere il confidente di Steven Spielberg. Con una camera piena di gadget e DVD, Carlo si sente americano per adozione e coltiva il sogno di lavorare in una redazione giornalistica, ma soprattutto di  andar via dal piccolo centro dove vive per poter rincorrere il suo ormai più che ventennale sogno nel cassetto.