Vera, la regista Tizza Covi e Vera Gemma raccontano il docufilm

Il docufilm, che uscirà nelle sale il 23 marzo, è valso a Vera Gemma il premio come Miglior Attrice nella sezione Orizzonti al Festival di Venezia

Vera intervista film

Vera, il film con protagonista Vera Gemma, figlia dell’amato e compianto Giuliano Gemma, sta per arrivare al cinema. La sua è una storia inaspettata, portata sul grande schermo grazie ai documentaristi Tizza Covi e Rainer Frimmel, i quali hanno saputo cogliere nei suoi occhi una sofferenza celata che meritava di essere conosciuta. È un racconto dal taglio amaro ma sincero quello che i registi costruiscono attorno a Vera Gemma, la quale ancora oggi deve fare i conti con un paragone assurdo: non essere all’altezza del padre. Non essere bella quanto lo era il padre.

 

Un fardello che molti figli d’arte sono costretti a portarsi lungo il loro percorso di vita umano e artistico, in cui spesso si è solo riflesso della gloria altrui. Il film è stato presentato al Festival di Venezia ed è valso a Vera Gemma il premio come Miglior Attrice nella sezione Orizzonti. Debutterà in sala il 23 marzo e per l’occasione abbiamo incontrato la protagonista assieme alla regista Tizza Covi, le quali ci hanno fornito una visione molto più ampia dell’intera opera.

Vera, il viaggio dentro una donna libera

L’opera, proprio come ribadisce la protagonista stessa, non è un documentario. È un film, scritto per Vera Gemma, la quale ha specificato di aver fatto un vero e proprio lavoro di attrice. Nonostante ci sia una sceneggiatura da imparare e una storia di finzione, la Vera sullo schermo non è però fittizia. “Il personaggio sono io completamente.”, dice “prende ispirazione da un episodio che ho raccontato a Tizza realmente accaduto nella mia vita. Sono io con tutte le mie debolezze, le mie fragilità e la mia forza. Mi identifico completamente, pur avendo fatto un lavoro di attrice. Ho interpretato il ruolo di me stessa cosa che, banalmente, può sembrare molto facile ma in realtà non lo è affatto perché quando si fa se stessi si tende a voler dare un’idea migliore di sé. In questo film mi sono veramente, per la prima volta, liberata di me stessa. Mi sono liberata dall’ossessione di voler apparire bella a tutti i costi, magra a tutti i costi, truccata bene. Ho cercato di essere onesta.”

La regista ha poi chiarito qual è l’approccio che lei e Frimmel hanno con gli attori dei loro film/documentari. “Io la sceneggiatura la scrivo per i miei protagonisti”, specifica Tizza Covi, “prima conosco Vera, la sorella… e poi conoscendo la loro storia di vita scrivo la sceneggiatura. La realtà la metto nella sceneggiatura, è un lavoro tanto documentario però poi assolutamente di finzione.” Un lavoro, dunque, molto meticoloso, nel quale si riescono a cogliere tutte le sfumature dei protagonisti, proprio come accade con Vera Gemma.

L’accettazione di sé, la voglia di riscatto

Uno dei temi cardini del film è, come dicevamo, il peso che ha per Vera l’essere vista e considerata solo come la figlia del bello e bravo attore western. Un non andare oltre a questa etichetta, ma anzi cucirgliela addosso tanto da risultare impossibile distaccarsene. Un vivere a volte all’ombra, al margine, e non poter mai davvero spiccare il volo. Ma l’emancipazione, come ad un certo punto le dice l’amica Asia Argento in una scena del film, è necessaria. Anche se la società e il giudizio altrui non ne aiutano il processo. “La crudeltà nei miei confronti è stato il paragone continuo con la bellezza di mio padre, quello mi ha fatto soffrire. Tutta la vita mi sono sentita in colpa per non essere bella come lui e la prima reazione quando mi chiedevano se fossi la figlia di Giuliano Gemma era “Certo che non gli somigli proprio”. Volevo assomigliare a mio padre perché per me era bello, era un mito. Quindi questo non sentirmi mai all’altezza, non sentirmi abbastanza bella, cosa di cui non sono responsabile perché non si sceglie come nascere. È stata una crudeltà che ho subito e che continuo a subire, ed è un lavoro giornaliero per me distaccarmi da questa cattiveria e accettarmi.”

Oltre all’accettazione di sé, però, Vera si fa carico di un altro messaggio importante, legato strettamente al senso della pellicola. Essere veri in un mondo in cui l’ipocrisia regna sovrana. In cui inganni e furbizia primeggiano, sia nei rapporti privati che professionali. In una società che ti vuole pieno di filtri, con una maschera da indossare, a tal punto che la trasparenza diventa quasi una condanna, oltre che una difficoltà. Ecco perché l’autenticità sta alla base sia del lavoro dei registi che di Vera Gemma stessa. “Per noi registi essere veri è fondamentale.” ribadisce Tizza Covi, “un regista è anche un artista, il cinema è un arte stupenda e deve poter esistere come arte. Io sto cercando delle nuove vie di fare cinema e questo è possibile dal momento in cui non punti al grande pubblico, dal momento in cui non lavori con grandi budget. Restiamo piccoli e facciamo il cinema che vogliamo e cerchiamo di avvicinarci a certe verità, il che è molto difficile. Ma ci proviamo”.

È dello stesso avviso anche Vera, la quale conclude con un invito a non rinunciare mai alle proprie verità, poiché è proprio lì che si racchiude la bellezza. “Penso che essere se stessi sia la grande rivoluzione ad oggi, perché nessuno è veramente se stesso. C’è questa ipocrisia perbenista, piccolo borghese, del voler apparire per esempio per bene. O del voler sempre sembrare meglio di quello che si è. Poche persone sono veramente vere e hanno il coraggio di essere quello che sono. Quindi io credo che questo sia fondamentale nella vita ancor prima che nel cinema.”

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Valeria Maiolino
Classe 1996. Laureata in Arti e Scienze dello Spettacolo alla Sapienza, con una tesi su Judy Garland e il cinema classico americano, inizia a muovere i primi passi nel mondo della critica cinematografica collaborando per il webzine DassCinemag, dopo aver seguito un laboratorio inerente. Successivamente comincia a collaborare con Edipress Srl, occupandosi della stesura di articoli e news per Auto.it, InMoto.it, Corriere dello Sport e Tutto Sport. Approda poi su Cinefilos.it per continuare la sua carriera nel mondo del cinema e del giornalismo, dove attualmente ricopre il ruolo di redattrice. Nel 2021 pubblica il suo primo libro con la Casa Editrice Albatros Il Filo intitolato “Quello che mi lasci di te” e l’anno dopo esce il suo secondo romanzo con la Casa Editrice Another Coffee Stories, “Al di là del mare”. Il cinema è la sua unica via di fuga quando ha bisogno di evadere dalla realtà. Scriverne è una terapia, oltre che un’immensa passione. Se potesse essere un film? Direbbe Sin City di Frank Miller e Robert Rodriguez.