Murderbot, recensione della serie Apple TV+

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Dopo aver prodotto la miglior serie di fantascienza degli ultimi anni (se non avete avuto modo di vederla stiamo parlando di Foundation, tratta dal capolavoro letterario di Isaac Asimov) Apple TV+ ha deciso di affrontare nuovamente il genere con Murderbot, trasposizione in dieci episodi del romanzo All Systems Red di Martha Wells – primo capitolo della serie The Murderbor Diaries. In questo caso però il tono è diametralmente opposto, in quanto lo show scritto, prodotto e diretto da Chris e Paul Weitz è nel suo intento primario una commedia dell’assurdo.

La storia di Murderbot

Al centro della vicenda si trova infatti il cyborg denominato SecUnit (Alexander Skarsgård), il quale dopo aver hackerato il sistema che lo costringeva a essere manipolato dagli esseri umani si è rinominato Murderbot. Per evitare di essere scoperto ed eliminato, l’androide si finge funzionale e viene spedito a lavorare come garante della sicurezza di un gruppo di scienziati approdati su un pianeta sconosciuto e potenzialmente pericoloso. Incapace di interagire normalmente con gli esseri umani, ai quali preferisce di gran lunga le soap opera, Murderbot inizia a destare i sospetti di alcuni dei membri della squadra, in particolar modo Gurathin (David Dastmalchian).

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Da un’idea di partenza piuttosto intrigante anche se non propriamente originale – pensiamo prima di tutto al robot depresso e filosofeggiante di Guida galattica per autostoppisti – i creators Chris e Paul Weitz avrebbero potuto trarre uno show decisamente più coinvolgente. Murdebot fin dall’episodio pilota si rivela invece un qualcosa che non trova mai un suo vero e proprio equilibrio, diviso costantemente tra una messa in scena che vuole rispettare lo sfarzo della fantascienza e un tono scanzonato il quale non si fonde con l’estetica del prodotto. Quello che avviene nei vari episodi è francamente poco interessante, anzi appare quasi un pretesto per regalare momenti di ilarità dovuti alla personalità sui generis del personaggio principale. La scelta di adoperare costantemente la voce interiore si rivela azzeccata soltanto in alcuni momenti, mentre alla lunga risulta un altro ostacolo all’efficacia della progressione narrativa. Anche se oggettivamente divertente in alcune sequenze, come ad esempio il primo interrogatorio tra Gurathin e SecUnit, Murdebot si poggia su scenette che quasi mai sviluppano reali situazioni, ovvero troppo poco per costruire una trama quanto meno interessante. La scelta poi di far durare gli episodi poco più di venti minuti ciascuno non offre alcuna possibilità di entrare in sintonia emotiva con quello che accade in ogni capitolo. Quando sembra che qualcosa stia per accadere, ecco che la puntata termina.

Un cast messo in difficoltà dalla scrittura

Dovendo lavorare con questo materiale, il cast di attori riesce soltanto in rarissimi casi a offrire il meglio delle proprie qualità di interpreti. Sarsgård risulta tutto sommato simpatico nella sua espressione costantemente attonita, il che funziona in maniera appropriata al personaggio di Murderbot. Dastmalchian invece risulta efficace soltanto a corrente alternata, il che risulta strano visto quanto il caratterista abbia dimostrato di essere a suo agio quando si tratta di personaggi lontani da una rappresentazione realistica. Tutti gli altri sono fracmaente dimenticabili, compresa in Noma Dumezweni solitamente invece capace di imporsi all’attenzione dello spettatore.

Se si pensa che Chris e Paul Weitz sono quelli che sfiorarono l’Oscar per il brioso adattamento di About a Boy – Un ragazzo da Nick Hornby, diventa ancora più sconcertante vedere quanto poco interessante sia stato il loro lavoro su Murderbot. La loro serie proprio non possiede mordente, non sviluppa caratteri in cui ci si può identificare né che si ama detestare, e tanto meno offre una trama avvincente. Se non fosse per alcuni momenti di stralunata ilarità dovuta ai rapporti complessi tra i personaggi, i vari episodi scivolerebbero via nella noia più completa. In alcuni momenti Murderbot diverte, ma nel complesso risulta un’operazione davvero scialba.

Murderbot
1.5

Sommario

Se non fosse per alcuni momenti di stralunata ilarità dovuta ai rapporti complessi tra i personaggi, i vari episodi scivolerebbero via nella noia più completa.

Adriano Ercolani
Adriano Ercolani
Nasce a Roma nel 1973. Laureato in Storia e Critica del Cinema alla "Sapienza", inizia a muovere i primi passi a livello professionale a ventidue anni, lavorando al tempo stesso anche nel settore della produzione audiovisiva. Approda a Coming Soon Television nel 2006, esperienza lavorativa che gli permette di sviluppare molteplici competenze anche nell'ambito del giornalismo televisivo. Nel 2011 si trasferisce a New York, iniziando la sua carriera di corrispondente di cinema dagli Stati Uniti per Comingsoon.it e Cinefilos.it - È membro dei Critics Choice Awards.

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