Ultraman: recensione della nuova serie Netflix

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Nata nel 1966 in Giappone, la serie fantascientifica Ultraman ha avuto nel corso dei decenni numerosi seguiti, sia televisivi che cinematografici. L’iconico personaggio torna ora, dal 1 aprile, alla ribalta grazie alla nuova serie Netflix, che con 13 episodi si pone come sequel diretto dell’originale. Diretta da Kenji Kamiyama e Shinji Aramaki, Ultraman è la prima serie anime interamente realizzata in 3DCG (3D Computer Graphics), che si promette di rivoluzionare l’universo narrativo, dalle delicate espressioni dei personaggi alle scene di azione più dinamiche.

 

La serie è ambientata diversi anni dagli eventi di Ultraman. Il leggendario “Gigante di Luce” è ormai solo un ricordo, tutti sono convinti che sia tornato a casa dopo aver sconfitto i giganti alieni che avevano invaso la Terra. Shinjiro, il figlio di Shin Hayata, sembra possedere una strana abilità. Ed è proprio questa, insieme alla rivelazione che suo padre fosse il vero Ultraman, che porta Shinjiro a scegliere di combattere contro i nuovi alieni che invadono la terra, in qualità di nuovo Ultraman.

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Riportando alla luce un eroe ed una storia non a tutti noti, la serie si incarica inizialmente di riassumere eventi passati, permettendo così di essere vista anche da chi non conoscesse l’originale. Le prime introduttive puntate ci presentano dunque i personaggi di Shin Hayata e suo figlio Shinjiro, facendoci entrare nella loro quotidianità e progressivamente nel disvelamento della loro reale natura. La serie si imposta così come una classica “origin story”, la quale con la chiamata dell’eroe promette di garantire grande intrattenimento seguendo l’esempio dell’originale.

Ultraman

La nuova serie su Ultraman ripropone infatti fedelmente le caratteristiche del suo predecessore, presentando tuttavia un grande elemento di novità. L’animazione, che segue gli stilemi degli anime giapponesi, è però realizzata in computer grafica 3D. Questa, seppur contribuisca ad ottenere scene d’azione particolarmente spettacolari e realistiche, si dimostra poco riuscita sul resto, rendendo artificiosi i movimenti dei personaggi e poco naturali le loro espressioni facciali. Il risultato è spesso e volentieri quello di un “effetto videogioco” che stona, in parte, con la natura dell’opera.

L’arrivo di Ultraman su Netflix contribuisce ad ampliare il già vasto catalogo di anime presenti sulla piattaforma streaming. Con la sua natura a metà tra classico e innovazione potrà facilmente trovare il suo pubblico, attirando ed intrattenendo schiere di appassionati. Nonostante i suoi difetti estetici, e la semplicità della storia, la serie svela alcune tematiche, come quella del rapporto padre-figlio, che se approfondite a dovere potranno conferire al prodotto il giusto spessore per affermarsi nelle nuove generazioni.

Sommario

La nuova serie su Ultraman ripropone infatti fedelmente le caratteristiche del suo predecessore, presentando tuttavia un grande elemento di novità. L’animazione, che segue gli stilemi degli anime giapponesi, è però realizzata in computer grafica 3D.
Gianmaria Cataldo
Gianmaria Cataldo
Laureato con lode in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza e iscritto all’Ordine dei Giornalisti del Lazio come giornalista pubblicista. Dal 2018 collabora con Cinefilos.it, assumendo nel 2023 il ruolo di Caporedattore. È autore di saggi critici sul cinema pubblicati dalla casa editrice Bakemono Lab.

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