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Con l’episodio 5×02 Ryan Murphy e Brad Falchuk – senza badare alle critiche provenienti dal consiglio dei genitori americano – avevano messo sul tavolo delle carte importanti, delineando un percorso abbastanza preciso per la loro nuova terrificante serie. Il personaggio di Evan Peters era saltato allo scoperto, deciso e spietato, e la vampiresca Lady Gaga aveva consolidato fortemente la sua onnipotenza, all’interno dell’albergo così come all’esterno. American Horror Story Hotel 5×03 fa invece un passo indietro, abbastanza inaspettato, nonostante le ottime intenzioni di scrittura fra le pieghe della trama più lineare.

 
 

Concettualmente è un omaggio alla maternità, all’essere mamme, a partire dal titolo esplicito “Mummy” e passando per i ruoli di Chloe Sevigny, della stessa Lady Gaga ma soprattutto di Kathy Bates. Donne e madri con storie complicate e figli drogati, oppure scomparsi o ancora anarchici, sregolati, impossibili da educare o controllare. Un capitolo più doloroso degli altri, più intimo, che corre però il rischio di mettere troppi elementi sul piano di cottura e dunque di bruciare tutto confondendo lo spettatore. Accanto all’immancabile violenza esplicita e al gore gratuito di molte scene, la serie di FX prova a mostrare il cuore dell’orrore, il lato romantico dello spavento, riportandoci – esattamente come facevano Coven e Freakshow – dalla parte dei ‘cattivi’, a familiarizzare e parteggiare per loro.

Con una grande differenza però, mentre in passato ci si ritrovava in un tempo e uno spazio poco definiti e importanti, in AHS Hotel la componente dell’attualità continua ad essere presente e marcata come nei primi due episodi. Non solo i tanti riferimenti a Los Angeles e all’enorme mattatoio chiamato Hollywood, questa volta si fa riferimento persino alla strage di Charlie Hebdo e al terrorismo ideologico. Lo star system invece prende nuovamente vita grazie a una new entry che i fan della serie accoglieranno con più di un applauso: Angela Bassett torna sullo schermo e lo fa citando Tarantino e tutto quel cinema di serie B che ha reso immortali gli anni 80. L’ennesimo figlio di una cucciolata senza fine sotto l’ala protettiva della Contessa Elizabeth/Lady Gaga, insaziabile, gelosa e protettiva.

Tutto, o quasi, tenuto insieme dal file rouge dei comandamenti, come già ricordavamo “nelle puntate precedenti” in pieno stile Seven di David Fincher. Ovviamente è ancora presto per capire a pieno cosa hanno in mente gli autori e dove esattamente vogliono arrivare, c’è solo da sperare che la narrazione riprenda un binario dinamico, e non si impantani nelle sabbie mobili del “affrontiamo mille storie diverse insieme senza approfondirne neppure una”, causa numero uno dello zapping istintivo. Per ora, dopo due episodi intriganti, ci prendiamo una pausa riflessiva, sperando di scacciare i fantasmi – quelli si davvero pericolosi – della noia e dell’inutile.

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