Mob City 1×01 recensione dell’episodio di Frank Darabont

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La nuova serie creata da Frank Darabont per il network TNT ha fatto il suo debutto una settimana fa con un attesissimo doppio appuntamento. Mob City è tratta dal libro L.A. Noir di John Buntin e narra le vicende dei criminali che resero “ruggenti” gli anni ’20 e che nel ’47 si ritrovano a controllare gli affari della città più ricca d’America, Los Angeles.
Iniziando con una sigla nebbiosa e seducente, Mob City ci proietta immediatamente nel mondo della mafia anni ’40, quella con la pistola fumante e un cadavere ancora caldo. Con un flashback nella New York anni ’20 Darabont ci presente i suoi personaggi. Giovani ragazzi che in base alla loro indole hanno scelto strade diverse. Conosciamo Bugsy Siegel (Edward Burns), il re dei casinò di Las Vegas e Sid Rothmen (Robert Knepper), sociopatico braccio destro che ama fare il lavoro sporco. Questi due ragazzi ormai sono coloro che governano Los Angeles. Look da gangster con borsalino, scarpe vistose e importanti cravatte ci introducono negli anni ’40, in cui al suono di musica jazz il crimine organizzato conduce i suoi affari sotto i riflettori, circondato la lustrini e paillette.

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I veterani Sid e Bugsy sono in cima alla piramide, ma subito sotto di loro si trova Mickey Cohen (Jeremy Luke), il gangster più pericoloso di tutta Los Angeles. Ma se da un lato c’è Cohen e il suo esercito di seguaci, dall’altro abbiamo l’integerrimo e incorruttibile poliziotto William Parker (Neal McDonough), chiamato anche Bill il “boy scout”. Cohen e Parker sono il bianco e il nero della città, entrambi determinati, tenaci e senza mezze misure, o stai con loro oppure no. In questo mondo senza mezze misure però, si inserisce il nostro protagonista, Joe Teague (Jon Bernthal), un ex-marine ora detective che si fa strada nella faida tra i gangster e la polizia. Nonostante sia risaputo che la città è piena di poliziotti corrotti, Teague non è uno di quelli. Per lui non si tratta di guadagnare soldi facili o di arrivare in cima alla scala sociale, vive nel suo mondo fatto di grigi e sfumature. Il mondo dove non ci sono cappelli bianchi o neri, dove puoi vivere nel mezzo senza farti ammazzare. Per Joe le regole non valgono, e con il suo aspetto misterioso e tormentato riesce sempre ad ingannare chi ha di fronte. Forse una sola persona si è guadagnata il rispetto e la fiducia di Joe ed è Ned Stax (interpretato da un intrigante Milo Ventimigia), anche lui ex-marine che ha scelto invece la strada di Cohen e dei suoi amici. Un ragazzo sveglio, brillante e ambizioso che nonostante stia dalla parte dei borsalini neri sa bene che gli affari si fanno con la testa e non con la pistola.
Una buona ricostruzione dei costumi, ambienti, e atmosfere dell’epoca accompagnano egregiamente la trama che però risulta un po’ appesantita da un ritmo forse un po’ troppo lento. Dopotutto sono gangster, più azioni e meno “chiacchiere e distintivo”.

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