Sherlock 2×03: recensione dell’episodio “The Reichenbach Fall”

Sherlock 2x03

Ne Sherlock 2×03 Il Professor James Moriarty non è un avversario comune: l’iconica nemesi di Sherlock Holmes, assoldata da Sir Arthur Conan Doyle allo scopo di eliminare un protagonista talmente famoso e amato da essere divenuto scomodo e ingombrante, ha sempre affascinato la cultura popolare ben oltre i limiti imposti dalla pagina scritta, colpevole di aver esaurito la figura del villain nelle poche pagine del racconto “The Final Problem”(presente nella raccolta Le Memorie di S. H.); difficile trovare un adattamento che abbia resistito alla tentazione di ampliare il più possibile la storia del Napoleone del Crimine, per regalare ad Holmes uno scontro degno di questo nome  e portare sotto i riflettori le leggendarie Cascate di Reichenbach, iconico luogo dove il Detective sembra perire insieme al suo nemico e che fa venire i brividi a tutti gli appassionati del Canone.

“Is the Napoleon of crime, Watson. He is the organizer of half that is evil and of nearly all that is undetected in this great city. He is a genius, a philosopher, an abstract thinker. He has a brain of the first order. He sits motionless, like a spider in the center of its web, but that web has a thousand radiations, and he knows well every quiver of each of them.” ( Sherlock Holmes, The Final Problem, Arthur Conan Doyle).

Col terrorizzante nome di Moriarty pronto a far capolino sin dal primo episodio, sapevamo che anche per lo Sherlock della BBC il momento della resa dei conti sarebbe presto arrivato: ciò che ignoravamo era che Steven Thompson, terzo sceneggiatore della serie spesso considerato la penna più debole del team(per alcune ingenuità in The Blind Banker, suo precedente episodio), sarebbe stato in grado di costruire la complessa architettura di un finale tanto splendido ed efficace, pronto a sorprendere e commuovere come mai prima.

Concepito come il lungo flashback di un distrutto John Watson (Martin Freeman) , ritornato da quella terapista che ben 18 mesi prima era stata resa inutile dall’incontro con Sherlock (Benedict Cumberbatch), The Reichenbach Fall rompe gli indugi svelando subito ciò che fu per i primi lettori di Doyle uno shock senza precedenti: Sherlock Holmes è morto, lasciando l’amico John a sopportare il peso di un mancanza talmente dolorosa e assurda da dover essere quasi rinnegata, come un brutto incubo dal quale è ancora possibile svegliarsi (”You… you told me once that you weren’t a hero. Umm, there were times I didn’t even think you were human. But let me tell you this, you were the best man, the most human… human being that I’ve ever known, and no-one will ever convince me that you told me a lie, so there. I was so alone, and I owe you so much. But, please, there’s just one more thing, one more thing, one more miracle, Sherlock, for me. Don’t be… dead. Would you do that just for me? Just stop it. Stop this.).

Se il disappunto dei fan vittoriani per la fine di Holmes fu tale da costringere il suo autore a rimediare con una lesta resurrezione, oggi sappiamo per certo che la salvezza del personaggio non è più in discussione, ma continuiamo egualmente ad attendere questo momento con impazienza non tanto preoccupati per il destino del Detective quanto per il povero Dottore, lasciato nello sconforto e tenuto all’oscuro di un disegno che puntualmente vorremmo rivelargli.

Sherlock 2×03, l’episodio

Eccoci allora 3 mesi prima dell’evento, quando tutto sembra andare per il meglio e la fama di Sherlock, indissolubilmente legata all’eccezionale ritrovamento del quadro” Le Cascate di Reichenbach ” di William Turner (furbo stratagemma per introdurre la location senza davvero utilizzarla), è in costante ascesa. Quando le sorprendenti capacità di Holmes sono ormai universalmente riconosciute Jim Moriarty (Andrew Scott) torna in scena in grande stile, usando una misteriosa chiave d’accesso per violare la sicurezza di tre dei luoghi più blindati del Regno Unito: la Torre di Londra, la Banca di Inghilterra e la Prigione di Pentonville restano improvvisamente prive di protezione, mentre il Criminale attende comodamente l’arrivo degli agenti sulla sedia dell’Incoronazione deciso a farsi arrestare.

Dopo un processo farsa che gli rende la libertà in breve tempo, con la pazienza di un ragno (nelle parole di Sherlock e dello stesso Conan Doyle) Moriarty continua a tessere la sua tela per raggiungere l’obiettivo a lungo prefissato di schiacciare l’avversario, non grazie a una rapida morte ma a una totale e irreparabile distruzione della sua reputazione: Sherlock Holmes è solo un impostore, l’uomo comune che ha assunto un attore di nome Richard Brook per impersonare il ruolo di Moriarty, null’altro che una persona ordinaria con manie di protagonismo alla ricerca di notorietà; le capacità deduttive di Sherlock sono troppo straordinarie per essere vere ed è più facile credere che non siano mai esistite, piuttosto che accettare la realtà.

Sherlock 2x03Dopo aver compreso che la Corsa di Moriarty potrà fermarsi solo col suicidio del finto Detective, pubblica ammissione di colpa per la grande menzogna raccontata, Sherlock si presenta sul tetto del St Bartholomew’s Hospital ed affronta il suo avversario, certo di poter scambiare il codice di accesso a tutti i sistemi di sicurezza che ogni criminale di Londra sta disperatamente cercando: auspicando un finale degno delle sue aspettative Moriarty è pronto a rispondere ad arte mettendo sotto tiro John, Lestrade (Rupert Graves) e Mrs Hudson (Una Stubbs) per farli uccidere all’istante se Sherlock si rifiuterà di saltare dall’edificio; per essere sicuro che il suo avversario non possa risalire al comando necessario a fermare i suoi cecchini, Jim Moriarty esce di scena sparandosi un colpo alla testa, costringendo quindi Holmes a mettere fine alla sua vita per salvare i suoi amici.

Precipitatosi sul posto dopo essere stato allontanato dallo stesso Sherlock con uno stratagemma( qui è un presunto incidente mortale a Mrs Hudson, sulla carta era la malattia improvvisa di una Signora sconosciuta), John riceve una straziante telefonata dall’amico: la confessione fra le lacrime di aver mentito sin dall’inizio e un ultimo addio prima di saltare nel vuoto sotto gli occhi atterriti del fido Watson.

La parola fine in Sherlock 2×03 sembra così scritta sulla lapide di Holmes, suggellata dal saluto militare che John riserva al compagno d’avventure che l’aveva salvato dalla solitudine: sopravvissuto alla caduta in circostanze sconosciute Sherlock rimane in disparte,  guardando l’amico allontanarsi. C’era una volta un detective brillante e solitario(“Alone is what I have, Alone protects me”), talmente sicuro delle sue capacità da essere disposto a rischiare la vita pur di provare la propria superiorità intellettuale: il sociopatico iperattivo di A Study in Pink sembra molto lontano dall’uomo che abbiamo visto in The Reichenbach Fall, deciso a gettare via nome e reputazione per seguire le ragioni del cuore.

Anche se privata della spettacolare location delle Cascate, la soluzione del “problema finale” offerta dalla seconda serie di Sherlock non solo conserva il fascino dell’originale, ma piuttosto amplifica l’epicità dello scontro con un intreccio ricchissimo, abile a mischiare le classiche trame della lotta fra bene e male con le ambizioni di un thriller dal sapore quasi Nolaniano: l’eroe getta la maschera e sacrifica il simbolo positivo che incarna per proteggere un bene superiore, mentre quel mondo che non era pronto ad accoglierlo sceglie di abbracciare la menzogna solo perché è più facile convivere con la mediocrità che con l’eccezione.

In una non troppo velata critica al potere dei media e alle morbose manipolazioni della stampa (forse il più eclatante punto debole di cui soffre il Regno Unito) Thompson fa un balzo degno del miglior cinema di genere, riservando al famigerato Genio del Crimine un congedo sconvolgente: molti troveranno il suo suicidio una forzatura imprevista, ma quando Moriarty comprende che Sherlock non è più un affascinante Doppelgänger ed è pronto a mettere gli affetti al di sopra di tutto, la sfida perde improvvisamente d’ interesse e la fine è l’unica soluzione auspicabile(“ Every fairy tale needs a good old-fashioned villain. You need me or you’re nothing. Because we’re just alike, you and I, except you’re boring. You’re on the side of the angels”).

La prova di Andrew Scott, vincitore del BAFTA come migliore attore non protagonista, è impeccabile, ma il controllo della scena rimane ancora una volta ben saldo fra le mani del gigantesco Sherlock di Benedict Cumberbatch: il suo addio a Watson, ancora più straziante perché raccolto per telefono e non per lettera, è una scena che porteremo nel cuore per molto tempo e dinanzi alla quale le lacrime sono quasi inevitabili; dall’altra parte della strada, un attonito Martin Freeman completa l’episodio grazie a una performance perfettamente in sintonia col suo personaggio, leale fino alla fine contro tutto e tutti ( “I know you for real”) e pur trattenuto dinanzi alla morte dell’amico, costretto a lasciare che il contegno militare e la sua indole introversa prendano il sopravvento per sopravvivere alla sofferenza.

Sappiamo per certo che Sherlock è sopravvissuto e che la dolce patologa Molly Hooper( Louise Brealey) ha avuto un ruolo determinante(il Detective le chiede aiuto poco prima di affrontare Moriarty), ma questo non rende la ferita meno dolorosa: abbiamo bisogno che Sherlock e John tornino subito da noi, di nuovo insieme, di nuovo uniti più che mai. Il countdown per la terza serie, prevista per l’autunno 2013, è già iniziato.

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Alessia Carmicino
Nata a Palermo nel 1986 , a 13 anni scrive la sua prima recensione per il cineforum di classe su "tempi moderni": da quel giorno è sempre stata affetta da cinefilia inguaribile . Divora soprattutto film in costume e period drama ma può amare incondizionatamente una pellicola qualunque sia il genere . Studentessa di giurisprudenza , sogna una tesi su “ il verdetto “ di Sidney Lumet e si divide quotidianamente fra il mondo giuridico e quello cinematografico , al quale dedica pensieri e parole nel suo blog personale (http://firstimpressions86.blogspot.com/); dopo alcune collaborazioni e una pubblicazione su “ciak” con una recensione sul mitico “inception” , inizia la sua collaborazione con Cinefilos e guarda con fiducia a un futuro tutto da scrivere .