40 secondi riprende la struttura dei uno dei più grandi film della storia del cinema

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In sala dal 19 novembre, 40 Secondi è il nuovo film di Vincenzo Alfieri che ripercorre le ultime 24 ore di vita di Willy Monteiro Duarte, il ragazzo di Colleferro morto a seguito di un pestaggio senza senso, nel corso di una rissa in cui era intervenuto per sedare gli animi.

Nel film, Alfieri racconta più volte le stesse 24 ore, adottando ogni volta una giornata diversa in base a ciò che ha fatto il protagonista di quel segmento di film, frammentando così i punti di vista di coloro che sono stati vittime e carnefici dell’orribile tragedia. Ma questa tecnica di narrazione a “punti di vista” arriva da molto lontano, dalla nascita del cinema!

C’è il racconto di Maurizio (Francesco Gheghi), una delle vittime del degrado della periferia romana, che vuole entrare a tutti i costi nelle grazie dei “gemelli”, veri e proprio boss di quartiere, che alimentano il mito della violenza e dello spaccio come status a cui ambire. Il ragazzo si troverà coinvolto sul malgrado nella rissa, rappresentando perfettamente quanto il male possa essere banale e inconsapevole. C’è quello di Cosimo, (Enrico Borello) tirapiedi sfigato dei “gemelli”, Cosimo è il punto di unione tra Maurizio e i due veri villain della storia.

C’è quello di Michelle, interpretata da Beatrice Puccilli, una ragazza che sogna di uscire dalla bolla provinciale di Colleferro e si scontra con l’oscurantismo di chi invece non vede altro che il suo piccolo giardino. Suo malgrado, sarà la scintilla che darà inizio all’incendio che esplode nella tragica conclusione della vicenda. C’è quello di Federico e Lorenzo (Giordano Giansanti e Luca Petrini), i carnefici. E infine c’è quello di Willy (Justin De Vivo) che viene raccontato nella sua normalità, nel suo essere un ragazzo semplice, simpatico, con un cuore grande e un sogno da realizzare.

Francesco Di Leva in 40 secondi
© Cortesia Eagle Pictures

Questa ricchezza nella scelta del racconto della stessa giornata per così tante persone diverse dà a Alfieri la possibilità di raccontare con 40 Secondi non solo la ricostruzione quasi documentaristica dei fatti, ma anche un prisma di disagi che si scontrano con sogni, dando una chiara idea dell’ambiente culturale e sociale in cui è possibile purtroppo che accada una tale tragedia senza senso.

Questo stile di racconto non è certo inedito, lo troviamo in moltissimi film molto vecchi o anche recenti. Tra gli esempi più illustri ci sono Hero di Zhang Yimou, Senza tetto nel legge di Agnès Varda, Gone Girl di David FincherThe Last Duel di Ridley Scott, e addirittura il recentissimo A House of Dynamite di Kathryn Bigelow. Ma il film per antonomasia che si avvale del racconto a “punti di vista” è il capolavoro di Akira Kurosawa Rashomon, tanto che questa tecnica narrativa al cinema viene soprannominata “l’effetto Rashomon“. Il film del maestro del cinema giapponese racconta una turpe vicenda, basandosi sulle testimonianze dei personaggi coinvolti nella stessa. Ogni volta che viene raccontata, la storia assume un aspetto diverso e risulta difficile (se non impossibile) capire chi, tra i vari personaggi, racconta la versione oggettivamente corretta di quanto accaduto. Il senso di questo espediente approfondisce la difficoltà di stabilire la verità in un contesto in cui le cose accadono e poi vengono raccontate ogni volta con un filtro diverso.

Chiaramente non è questo il caso di 40 Secondi, dove quello che è accaduto è purtroppo certo e estremamente tragico, tuttavia è interessante vedere in che modo Vincenzo Alfieri sia riuscito a sfruttare una tecnica narrativa così consolidata nel tempo, per dare maggiore spessore alla storia che ha raccontato nel film, offrendo al suo pubblico una versione univoca (l’unica esistente) ma estremamente ricca e precisa di una tragedia.

40 Secondi è al cinema dal 19 novembre distribuito da Eagle Picture.

Chiara Guida
Chiara Guida
Laureata in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è una gionalista e si occupa di critica cinematografica. Co-fondatrice e Direttore Responsabile di Cinefilos.it dal 2010. Dal 2017, data di pubblicazione del suo primo libro, è autrice di saggi critici sul cinema, attività che coniuga al lavoro al giornale.
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