Hannibal Lecter – Le origini del male è il thriller del 2007 diretto da Peter Webber, tratto dal romanzo Hannibal Rising scritto da Thomas Harris, autore della celebre saga letteraria dedicata al personaggio di Hannibal Lecter. Il libro, pubblicato nel 2006, nasce su precisa richiesta dei produttori cinematografici, desiderosi di espandere la mitologia dell’iconico cannibale, e rappresenta una sorta di prequel che esplora le origini dell’antieroe più inquietante della narrativa moderna. L’opera si propone quindi di colmare i vuoti lasciati dai precedenti capitoli, mostrando al pubblico le radici della follia e della ferocia di Lecter.
Il film si colloca quindi cronologicamente prima di Red Dragon, Il silenzio degli innocenti e Hannibal, rappresentando il punto di partenza della discesa psicologica del protagonista. A interpretare un giovane Hannibal troviamo Gaspard Ulliel, che si confronta con l’eredità attoriale lasciata da Anthony Hopkins, cercando di offrire una versione inedita e umanamente comprensibile del celebre assassino. L’opera racconta così l’infanzia traumatica del giovane Hannibal in Lituania durante la Seconda guerra mondiale, la perdita tragica della sorellina Mischa, e il lento formarsi di un desiderio di vendetta che, col tempo, si trasformerà in una fame omicida.
Tra immagini potenti, ambientazioni gotiche e atmosfere cupe, Hannibal Lecter – Le origini del male costruisce un percorso di trasformazione che porta un bambino innocente a diventare uno dei più spietati serial killer della fiction. In questo articolo approfondiremo il finale del film, cercando di offrire una lettura interpretativa delle ultime sequenze e del loro significato all’interno dell’arco narrativo di Hannibal. La chiusura del film, infatti, non rappresenta soltanto un epilogo, ma sancisce in modo definitivo la nascita del “mostro” e il punto di non ritorno nella psiche del protagonista, legando il tutto ai temi centrali del trauma, della memoria e della vendetta.
La trama di Hannibal Lecter – Le origini del male
Con il ridefinirsi dei confini dell’Unione Sovietica, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, alcuni Stati indipendenti dell’Europa dell’Est cadono sotto il regime sovietico. In Lituania, un adolescente, reso orfano dalla guerra e muto dagli orrori di cui è stato testimone, si ritrova chiuso in un orfanotrofio sovietico dove deve fare i conti con le prepotenze dei suoi perfidi compagni e dove si ribella alla rigida disciplina dell’istituto. Ma non è un ragazzo come tanti altri: è il giovane Hannibal Lecter.
Una volta cresciuto, Lecter si reca in Francia, dove verrà accolto dalla nobile giapponese Lady Murasaki, la quale lo introduce alle bellezze della musica, della pittura e del buon cibo. Hannibal, però, non può dimenticare gli orrori subiti in gioventù e ben presto inizierà a progettare la propria vendetta. Ma questa ricerca metterà in pericolo tutte le persone e tutte le cose alle quali tiene e farà nascere in lui oscuri desideri, che sarà poi costretto ad alimentare per tutta la vita.
La spiegazione del finale del film
Nel finale di Hannibal Lecter – Le origini del male, la trasformazione del giovane Hannibal è ormai completa. Dopo aver seguito per anni le tracce degli uomini responsabili della morte della sorella Mischa, Hannibal riesce finalmente a localizzare e catturare Vladis Grutas, l’ultimo superstite del gruppo di criminali di guerra che, durante l’inverno del 1944, aveva ucciso e cannibalizzato la bambina. In una scena finale intrisa di tensione e oscurità, Hannibal affronta Grutas nella sua casa galleggiante sul fiume. Durante lo scontro, Grutas tenta di manipolare Hannibal, affermando che lui stesso aveva consumato la carne della sorella per sopravvivere, ma il protagonista, ormai incapace di distinguere vendetta da verità, non si lascia fermare e lo uccide brutalmente, incidendogli il petto con il kanji giapponese della vendetta.
Dopo l’omicidio, Hannibal si reca nella residenza di famiglia in Lituania, dove ha compiuto la maggior parte delle sue uccisioni vendicative. Qui, viene raggiunto da Lady Murasaki, la donna che ha rappresentato l’unico legame affettivo positivo nella sua nuova vita in Francia. Murasaki lo implora di rinunciare alla sua sete di sangue e di non oltrepassare quel confine che segnerebbe la perdita definitiva della sua umanità. Ma Hannibal, ormai consumato dal desiderio di vendetta, rifiuta la sua offerta di redenzione. La donna, delusa e addolorata, si allontana, lasciando Hannibal solo tra le rovine della propria coscienza e dell’antica tenuta di famiglia.
La casa galleggiante viene incenerita e Lecter, presumibilmente morto, emerge dal bosco. Poi caccia l’ultimo membro del gruppo, Grentz, a Melville, in Canada, prima di stabilirsi in Canada e successivamente negli Stati Uniti. Nell’ultima scena, Hannibal fa sparire il corpo di Grutas e si allontana, pronunciando la frase: “Mi chiamo Hannibal Lecter”. Questo momento segna simbolicamente la nascita del mostro, l’assunzione piena della nuova identità. Non c’è più il ragazzo traumatizzato e desideroso di giustizia: al suo posto c’è un uomo trasformato, capace di giustificare ogni atrocità nel nome del dolore passato.
L’eleganza, il distacco emotivo e la precisione con cui agisce prefigurano chiaramente il personaggio che il pubblico ha conosciuto nei film successivi. Il finale del film è quindi profondamente legato ai temi centrali dell’opera: la vendetta come risposta al trauma, la perdita dell’innocenza, la trasformazione della sofferenza in mostruosità. L’orrore non è solo nei gesti violenti, ma nella consapevole rinuncia a ogni possibilità di redenzione. Hannibal non nasce mostro: lo diventa, passo dopo passo, abbracciando l’oscurità come unica eredità possibile.