Oscar 2015: il volo alto di Birdman

michael keaton

Alla fine l’uomo uccello, Birdman, ha sconfitto la concorrenza, si è librato alto sul Dolby Theatre e ha portato a casa i premi più ambiti, e forse non tutti quelli meritato. Il film diretto, co-scritto e co-prodotto dal regista messicano Alejandro González Iñárritu era trai favoriti dall’inizio della serata, ma avremmo immaginato che potesse portare a casa la doppietta miglior film/miglior regia, senza fare un’equa divisione con il suo concorrente diretto, Boyhood. L’opera titanica e originalissima di Richard Linklater ha portato a casa soltanto la statuetta alla migliore attrice non protagonista, Patricia Arquette, e per quanto la decisione complessiva possa essere discutibile, si è trattato senza dubbio di una decisione precisa, una scelta, da parte dell’Academy, di premiare il cinema che parla di se stesso, che racconta la sua arte, la sua difficoltà di nascere e crescere in un mondo dove il botteghino detta legge.

 

TUTTI I VINCITORI

Birdman ha raccontato tutto questo, con una perizia tecnica rara e con un coinvolgimento artistico che vede nel mancato Oscar a Michael Keaton in vero scandalo della serata. Scandalo solo in parte mitigato dal fatto che il giovane vincitore nella categoria migliore attore protagonista, Eddie Redmayne, nonostante fosse il favorito da tempi immemori, è stato così genuinamente sorpreso e commosso che ha intenerito il cuore di tutti i sostenitori del primo Batman cinematografico. Il trionfo dei lentigginosi, potremmo chiamarlo, dal momento che dall’altra parte, Julianne Moore ha finalmente vinto un premio che, più che per la sua pur splendida performance in Still Alice, vale a coronare un’intera carriera fatta di ruolo eccellenti, di emozioni forti, condivise con il pubblico in una maniera totale e viscerale. Anche lei, grondante di lacrime e di gioia, ha contribuito a rendere più bella la notte degli Oscar.

A rompere il ghiaccio però è stato JK Simmons, che ha portato a casa il primo di tre meritati Oscar per Whiplash, l’outsider che ha stregato l’Academy e che si piazza al secondo posto del podio per il maggior numero di Oscar vinti. Mentre sul terzo gradino si affollano in tanti, tutti con un solo premio, il primo posto è occupato dal citato Birdman, che porta a casa la regia, il film, la fotografia e la sceneggiatura originale, e da The Grand Budapest Hotel, il gioiellino multicolore di Wes Anderson, che conquista tutti i premi per la messa in scena con l’unico tocco italiano di quest’anno al Dolby (trucco, scenografia e i costumi di Milena Canonero a quota quattro statuette) più il riconoscimento alla colonna sonora di Alexandre Desplat.

FOTO DAL RED CARPET

C’è stata qualche sorpresa, e senza dubbio Boyhood e Linklater stesso potrebbero addirittura considerarsi i defraudati della serata, e così la pensano moltissimi fan del progetto ultradecennale, ma c’è stata anche una sorpresa, brutta, per il miglior film d’animazione, che ha premiato di nuovo mamma Disney, senz ahce ce ne fosse oggettivamente merito.

Per quanto riguarda invece la serata e lo spettacolo, Neil Patrick Harris è apparso estremamente teso, pronto con la battuta ma forse troppo poco in confidenza con un palco del genere. Il numero di apertura ha dimostrato non solo le grandi potenzialità dello showman, ma anche tutta la sua tensione e il nervosismo per una platea così prestigiosa. I momenti emozionanti non sono mancati, soprattutto per quello che riguarda il video In Memoriam, in cui sono apparsi tanti, troppi, volti cari al grande cinema, compresa la nostra bellissima e immortale Virna Lisi (anche se non c’era traccia di Francesco Rosi), ma anche l’esecuzione di Glory, di Commom e John Legend, e l’intensa performance di Lady Gaga che, abbandonati per un attomo costumi e trucchi eccentrici, si concentra per una volta solo sulla voce e sull’emozione nel suo omaggio canoro a Tutti insieme appassionatamente, lasciando di stucco la platea e dando vita ad un incontro di generazioni insolito e straniante ma particolarmente intenso quando la leggendaria Julie Andrews ha fatto il suo ingresso sul palco.

Interessanti, mai come quest’anno, anche i discorsi di ringraziamento, dalla richiesta sindacale di Patricia Arquette, all’invito dello sceneggiatore di The Imitation GameGraham Moore, di “rimanere strani”, fino alla stoccata finale di Iñárritu che ha ringraziato l’America, “incredibile nazione di immigrati”.

L’87esima edizione degli Oscar si chiude con qualche emozione di più rispetto a quella dello scorso anno, filata invece via come da copione, eppure lascia qualche rammarico per uno show ingessato, che poteva essere condotto con più decisione, con più scioltezza, ma certo il Dolby Theatre non è il palco dei Tony su cui lo showman si senta più a suo agio, e forse Neil Patrick Harris merita una seconda chance.

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