Ringu – The Ring: la spiegazione del finale del film

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Con Ringu – The Ring (1998), il regista Hideo Nakata ha inaugurato una nuova era per il cinema horror giapponese, affermando il cosiddetto “J-horror” come una delle tendenze più influenti a livello internazionale tra la fine degli anni ’90 e i primi anni 2000. Tratto dal romanzo omonimo di Koji Suzuki, il film racconta la storia di una giornalista che indaga su una misteriosa videocassetta che uccide chiunque la guardi dopo sette giorni. Grazie alla sua atmosfera disturbante, al ritmo lento e a un senso di inquietudine costante, il film ha conquistato il pubblico giapponese e, successivamente, quello occidentale, influenzando profondamente anche Hollywood.

L’importanza di Ringu – The Ring non risiede solo nel successo commerciale e critico, ma anche nella sua capacità di rinnovare l’immaginario horror attraverso elementi legati al folklore giapponese e alla modernità tecnologica. Il personaggio di Sadako, con il suo volto coperto da lunghi capelli neri e il suo movimento innaturale, è diventato una figura iconica del terrore contemporaneo. Il film riflette paure collettive legate alla morte, alla trasmissione dell’informazione e alla perdita di controllo, giocando abilmente con il confine tra realtà e leggenda urbana. In un periodo segnato dal boom tecnologico, la videocassetta maledetta si trasforma in simbolo dell’inquietudine per ciò che è invisibile ma potenzialmente letale.

Nel corso dell’articolo, esploreremo nel dettaglio il significato del finale del film, cercando di comprendere come le ultime scene chiudano – o rilancino – i temi della maledizione e della trasmissione del male. Analizzeremo inoltre in che modo il film abbia impostato le basi per i numerosi sequel e remake, compreso il celebre adattamento statunitense del 2002. Ma prima, è fondamentale comprendere il contesto culturale e simbolico in cui Ringu – The Ring è nato, per coglierne appieno la portata.

Nanako Matsushima e Hiroyuki Sanada in Ringu - The Ring
Nanako Matsushima e Hiroyuki Sanada in Ringu – The Ring

La trama di Ringu – The Ring

Dopo la morte di sua cugina Tomoko, la giornalista Reiko sente strane storie riguardo ad una videocassetta che “ucciderebbe” chiunque la veda, a distanza di una settimana esatta dalla visione. All’inizio Reiko è scettica riguardo a queste voci, ma quando viene a conoscenza della morte di un’altra persona, che aveva visto il video insieme a Tomoko, comincia ad investigare. Dopo aver visionato lei stessa la cassetta, iniziano ad accadere strane cose, così Reiko con l’aiuto del suo ex marito cerca di fermare il corso degli eventi prima che scocchi anche per lei l’ora della morte.

La spiegazione del finale

Nelle sequenze finali di Ringu – The Ring, Reiko scopre che l’unico modo per salvarsi dalla maledizione della videocassetta è farne una copia e farla vedere a qualcun altro, trasferendo così la condanna. Dopo che il suo ex compagno Ryuji muore per non aver copiato il nastro, Reiko capisce il meccanismo che permette di sopravvivere. In un ultimo, agghiacciante gesto, decide di far vedere la copia al padre, suggerendo quindi che la salvezza personale passa per un atto deliberato di trasmissione del male. Il film si chiude con Reiko che si allontana, lasciando lo spettatore con una profonda inquietudine morale.

Questo finale sovverte le aspettative dello spettatore. Non c’è una vera “sconfitta” del male, nessuna liberazione catartica: Sadako, lo spirito vendicativo, continua a vivere e a colpire. Il film ci costringe ad accettare che il male non può essere distrutto, ma solo trasferito. In tal senso, Ringu – The Ring si allontana dalle classiche narrazioni occidentali in cui il bene prevale sul male e abbraccia invece una visione ciclica e ineluttabile della maledizione. La salvezza diventa un atto egoistico e consapevole, che mette a rischio qualcun altro per salvare sé stessi, creando un dilemma etico disturbante.

Rikiya Ôtaka in Ringu - The Ring
Rikiya Ôtaka in Ringu – The Ring

Il gesto finale di Reiko riflette uno dei temi centrali del film: la trasmissione. Non solo della videocassetta e della maledizione, ma anche del dolore, del trauma e del rancore. Sadako è una creatura nata da una violenza taciuta, cresciuta nell’isolamento e nell’odio, che si propaga attraverso lo strumento più simbolico del tardo Novecento: il video. Il supporto analogico diventa metafora della contaminazione emotiva e culturale, di una società che trasmette la sofferenza senza mai elaborarla davvero. Il finale, dunque, è profondamente coerente con questo tema di fondo.

In ultima analisi, il finale di Ringu – The Ring non solo spaventa, ma fa riflettere. Ci parla della responsabilità individuale in un mondo dove le informazioni – e le emozioni – viaggiano senza controllo. In un’epoca ossessionata dai media e dalla velocità della comunicazione, Ringu ci lascia con una domanda inquietante: quanto siamo disposti a sacrificare per salvarci? E soprattutto, a quale prezzo? È un epilogo che rifiuta il conforto, preferendo invece insinuarsi sotto la pelle dello spettatore con il suo sottile e persistente terrore.

Gianmaria Cataldo
Gianmaria Cataldo
Laureato con lode in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza e iscritto all’Ordine dei Giornalisti del Lazio come giornalista pubblicista. Dal 2018 collabora con Cinefilos.it, assumendo nel 2023 il ruolo di Caporedattore. È autore di saggi critici sul cinema pubblicati dalla casa editrice Bakemono Lab.
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