Un elemento chiave della regia mostra perché i film Predator di Dan Trachtenberg funzionano così bene

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Predator: Badlands è stato il secondo film di Dan Trachtenberg del 2025, il terzo in assoluto, e ha dimostrato in modo piuttosto definitivo che lo sceneggiatore e regista americano non solo ha capito cosa rende Predator un personaggio così divertente, ma anche quanto terreno inesplorato ci sia all’interno di quell’universo. Con Badlands che ha raggiunto traguardi importanti al botteghino, sembra probabile che Trachtenberg non abbia ancora concluso il franchise.

Ciò che colpisce di più della serie di successi di Trachtenberg è che molti altri registi hanno tentato di realizzare grandi film di Predator, ma nessuno è riuscito ad eguagliare il machismo ispirato dell’originale. Trachtenberg non solo lo ha eguagliato in azione e divertimento, ma ha anche scoperto nuove prospettive sul Predator, invece di riciclare la formula tipica.

Sebbene l’elenco degli elementi che Trachtenberg ha azzeccato nei suoi tre film di Predator sia lungo, c’è un tratto particolare che tutti e tre i film condividono e che li distingue dal tipico film d’azione fantascientifico. È una parte incredibilmente difficile sia della scrittura che della regia, ma in qualche modo Trachtenberg non è riuscito a sbagliare.

Dan Trachtenberg centra sempre il finale nei suoi film di Predator

Il Predator originale è stato esaltante per gran parte della sua durata, ma ha raggiunto l’apice nel finale, che ha visto l’olandese Schafer di Arnold Schwarzenegger scontrarsi con il Predator della giungla. È stato un finale esplosivo che ha lasciato il pubblico soddisfatto e desideroso di saperne di più, e Trachtenberg ha chiaramente imparato la lezione giusta dal caposaldo del franchise.

Ognuno dei tre film di Predator di Trachtenberg colpisce nel segno proprio come l’originale. Il regista ha dimostrato di essere un maestro nel creare una conclusione soddisfacente che non solo si adatta bene al contesto della storia, ma è anche ricca di momenti straordinari che fungono da punto esclamativo per la storia.

Prey era rischioso, visto quanto Trachtenberg si fosse allontanato dalla formula di Predator, ma la storia si è rivelata un thriller avvincente e dal ritmo perfetto. Il finale si è rivelato la parte migliore, con Naru che usa l’ambiente circostante e i nemici per adescare e ingannare il feroce Predator Feral, spingendolo a suicidarsi con la sua stessa arma.

Predator: Killer of Killers ha tirato fuori il suo trucco, con un’impostazione antologica che mascherava l’atto finale del film, rivelando che i tre capitoli precedenti, ambientati nel tempo e nello spazio, erano in realtà parte di una narrazione coerente. La fuga piena d’azione dei Predator-killer non solo ha coronato alla perfezione gli eventi precedenti, ma ha anche aperto una nuova sezione della tradizione di Predator.

Predator: Killer of Killers

Predator: Badlands avrebbe potuto avere il finale più forte di Trachtenberg finora

Per quanto buoni fossero i finali di Prey e Predator: Killer of Killers, Predator: Badlands potrebbe averli superati entrambi. Come i suoi predecessori, Badlands ha saputo mantenere un colpo di scena. Con una delle sequenze d’azione più creative degli ultimi anni (con coreografie mozzafiato di combattimenti solo a gambe), Badlands è riuscito a realizzare un bellissimo esempio di sviluppo del personaggio, con Dek che costruisce il suo clan.

Questo ha portato a quello che credo sia di gran lunga il finale più soddisfacente del franchise. Dek torna sul suo pianeta natale per affrontare il padre crudele e feroce, che sembra essere un illustre cacciatore e capoclan, e usa le armi e le abilità acquisite su Genna, il pianeta della morte, per uccidere il padre e prendere il suo cannone a spalla come simbolo del suo status, con il suo nuovo “clan” alle spalle.

È un finale incredibilmente soddisfacente che non solo conclude la storia di Dek e Thia in Predator: Badlands, ma lascia il pubblico entusiasta di scoprire cosa riserva il futuro a Dek ora che ha dimostrato di essere un Predator letale, ma che non ha alcun interesse ad allineare le sue opinioni con la brutale cultura degli Yautja. Dan Trachtenberg è riuscito non solo a creare un finale perfetto, ma ha anche lasciato ancora una volta la porta aperta a un’esplorazione molto più approfondita dell’universo cinematografico.

Chiara Guida
Chiara Guida
Laureata in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è una gionalista e si occupa di critica cinematografica. Co-fondatrice e Direttore Responsabile di Cinefilos.it dal 2010. Dal 2017, data di pubblicazione del suo primo libro, è autrice di saggi critici sul cinema, attività che coniuga al lavoro al giornale.
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