È difficile immaginare, pensando al primo Predator del 1987 con Arnold Schwarzenegger, che quel film muscolare avrebbe dato vita a un universo narrativo così variegato. Eppure Predator: Killer of Killers, dal 6 giugno 2025 su Disney+, conferma che la saga non solo è viva, ma ha ancora voglia di reinventarsi. Questa volta lo fa in una forma inedita: un’antologia animata in tre capitoli ambientati in epoche diverse – l’era vichinga, il Giappone feudale e la Florida durante la Seconda Guerra Mondiale. L’idea alla base è affascinante: i Predator (o Yautja, come preferiscono farsi chiamare dai fan più accaniti) si spingono in diverse epoche della storia umana, attirate dalla violenza e dalla brutalità, alla ricerca dei “killer dei killer”, i guerrieri più letali di ogni tempo.

Lo scudo, la spada, il proiettile e il sangue: tre stili per una stessa caccia
Il secondo segmento, The Sword, ambientato nel Giappone medievale, si distingue per la quasi totale assenza di dialoghi e una forte componente visiva ed emotiva. Due fratelli, separati da doveri e onore, si ritrovano in uno scontro fatale interrotto dall’arrivo del Predator. Questo episodio è probabilmente il più elegante e cinematograficamente raffinato dei tre, con sequenze coreografate come duelli danzati e una colonna sonora intensa firmata Benjamin Wallfisch. L’approccio silenzioso, basato sul gesto e sullo sguardo, ricorda i film di Akira Kurosawa e conferisce alla narrazione una dignità tragica non banale per un film di questo franchise.

Predator: Killer of Killers si chiude in un’arena interplanetaria
Il climax del film arriva quando i tre protagonisti sopravvissuti – la guerriera Ursa, il samurai Kenji e il pilota Torres – vengono trasportati sul pianeta natale dei Predator, dove devono combattere in un’arena per intrattenere la popolazione aliena. L’idea richiama le arene romane, con un tocco di gladiator sci-fi, e permette un’interazione interculturale interessante: come comunicano tre guerrieri di epoche e mondi diversi? Con i gesti, gli sguardi e, ovviamente, le armi. La scena funziona, ha ritmo e una buona dose di ironia, anche se manca quel colpo di scena capace di lasciarci a bocca aperta.

Predator: Killer of Killers
Sommario
Predator: Killer of Killers è un esperimento riuscito a metà. È visivamente curato, ben costruito e rispettoso del mito Predator, ma soffre di una certa freddezza nella sua esecuzione.

