Ci sono attori che non recitano soltanto: vivono i ruoli fino a trasformarli in un pezzo della propria vita. Stephen Graham è uno di questi. Nel nuovo film di Scott Cooper, Springsteen – Liberami dal nulla, interpreta Douglas Springsteen, il padre del giovane Bruce — un uomo severo, schivo, combattuto, la cui ombra si proietta su tutta la vita del figlio. Eppure, dietro la figura rigida e distante, Graham scorge qualcosa di molto più universale: il difficile amore tra padri e figli.
“Non lo definirei un ritratto di mascolinità tossica,” esordisce con calma. “È più un film sulla consapevolezza. Ho 52 anni, sono padre da vent’anni, e sono in quella fase della vita in cui inizi a riflettere. Mi piace dire che sono sulle ‘seconde nove’, come nel golf: mi sono fatto un mazzo così per arrivarci, e ora voglio godermi il percorso, cercando di capire che cosa posso ancora cambiare, migliorare, trasmettere.”
Negli ultimi anni Graham si è impegnato in diversi progetti dedicati proprio al rapporto tra padri e figli, esplorando l’eredità emotiva che passa, spesso in silenzio, da una generazione all’altra. Springsteen – Liberami dal nulla gli è sembrato un’estensione naturale di quel percorso.
Leggi la nostra recensione di Springsteen: Liberami dal Nulla
“È una delle relazioni più antiche e profonde che esistano, quella tra un padre e suo figlio. Shakespeare, pensa a Re Lear, ci ha costruito interi mondi sopra. È un tema eterno. E quando Scott Cooper mi ha chiamato per dirmi che aveva scritto il ruolo del padre di Bruce pensando a me, è stato un onore incredibile. Poi mi ha detto che Bruce, saputo il mio nome, aveva commentato: ‘Lui è fantastico’. Non potevo crederci. Bruce Springsteen sapeva chi ero. Ho letto la sceneggiatura e ho detto subito: sì, ci sto.”

Stephen Graham, la voce del padre
Per prepararsi al ruolo, Graham ha deciso di partire proprio dalla voce di Bruce. “Ho ascoltato l’audiolibro della sua autobiografia,” racconta. “È stato fondamentale. Quando Bruce racconta la storia di suo padre, cambia leggermente il tono, quasi senza accorgersene. Gli ho chiesto se lo facesse apposta, e mi ha detto di no, che era del tutto inconscio. Ma in quel modo, inconsciamente, aveva già creato una visione di suo padre. E io ho semplicemente… rubato quella visione. Come una gazza, l’ho presa e l’ho fatta mia. Da lì ho costruito la voce, il corpo, la presenza di Douglas.”
Padri, figli e redenzione
Il film segue il rapporto tra Bruce e suo padre dagli anni giovanili fino all’età adulta, quando il musicista, ormai famoso, ritrova quell’uomo fragile e spezzato che un tempo temeva.
“Con Jeremy Allen White ho girato due scene fondamentali,” dice Graham. “Nel momento in cui Bruce lo rincontra, il padre è ormai stanco, segnato dall’alcol, dalla depressione, dalla perdita di lucidità. Forse anche dall’Alzheimer. C’è una gravità in quella scena, un silenzio pieno di tutto ciò che non è mai stato detto. E Jeremy è stato straordinario nel restituire quell’empatia, quella comprensione che nasce solo quando hai fatto pace con te stesso.”
Si ferma un momento, poi aggiunge piano: “All’inizio Bruce mi aveva detto una frase che mi è rimasta dentro: ‘Sapevo che mio padre mi amava, ma non ho mai sentito il suo amore fino a quel momento’. E noi abbiamo cercato di catturare esattamente quell’istante. È stato speciale. In quella stanza, durante le riprese, c’era un’energia palpabile. Non abbiamo forzato niente. Abbiamo lasciato che accadesse.”

Scoprire Springsteen per la prima volta
Sorprendentemente, Stephen Graham non era un fan di Bruce prima di questo film. “Devo essere onesto: non lo avevo mai ascoltato davvero,” confessa ridendo. “A casa mia si sentivano Otis Redding, Bob Marley, Beethoven, Sly & The Family Stone… era un mix eclettico. Ma lavorando a questo film, ho scoperto Nebraska, e l’ho ascoltato con orecchie nuove. Sapere dove si trovava Bruce nella vita quando lo ha scritto, sentire quella sua ricerca di autenticità, mi ha colpito profondamente. È come vedere per la prima volta il David di Michelangelo e pensare: come diavolo ha fatto a tirarlo fuori da un blocco di marmo?”
Da allora, racconta, ha iniziato a esplorare tutto il catalogo di Springsteen. “La sua musica è piena di speranza. Parla di dolore, sì, ma anche di redenzione, di resilienza. E lui è un uomo incredibilmente umile, gentile. È impossibile non volergli bene.”
L’arte che nutre l’anima
Alla domanda su cosa lo ispiri, Graham non esita: “Di solito ho una playlist per ogni personaggio, ma questa volta no. L’audiolibro di Bruce è stato la mia colonna sonora. Era la mia Bibbia. Mi teneva ancorato alla realtà del personaggio. E poi c’era Scott Cooper, che ha un intuito formidabile, e lo stesso Bruce, che è stato la nostra fonte di verità. Bastava ‘calare il secchio nel pozzo’, come dico io, e tirare su tutta quella ricchezza umana.”
Per lui, l’arte è — sempre — una questione di nutrimento. “L’arte, la musica, la cultura… sono ciò che nutre l’anima. Quando sei dentro un processo creativo, è l’unica cosa che ti tiene vivo. E questo film, per me, è stato proprio questo: un modo per guardare dentro, per capire cosa significhi amare, perdonare e, forse, diventare finalmente un padre migliore.”
Springsteen – Liberami dal nulla è nelle sale italiane dal 23 ottobre distribuito da The Walt Disney Company Italia.