7 donne e un mistero, recensione del film di Alessandro Genovesi

7 donne e un mistero recensione
Foto di scena

Alessandro Genovesi firma la sua ultima pellicola, 7 donne e un mistero, e lo fa ispirandosi alla prima versione del film diretta dal francese di François Ozon uscita quasi vent’anni fa, che anch’essa traeva spunto dall’omonima opera teatrale risalente al 1958, scritta da Robert Thomas.

 

7 donne e un mistero, un adattamento

L’immediata differenza apportata da Genovesi rispetto alla storia di partenza, è, prima di ogni altra, nel titolo: le donne là erano otto. La seconda riguarda il genere, in quanto Ozon aveva fondamentalmente fatto un musical, anche se ciò che permane e che il regista di 10 giorni con Babbo Natale mantiene viva rielaborandola, è senza dubbio la linea comica.

La pièce uscita alla fine degli anni 50, infatti, era stata parte di un genere che stava iniziando a diffondersi proprio in quegli anni: la commedia thriller. E l’effetto finale che regala 7 donne e un mistero, è proprio un condensato dei due stili, con tutte le chicche del caso.

Le protagoniste

Innanzi tutto, il cast di cui il film dispone è orchestrato in maniera ideale. La capofamiglia è Margherita (Margherita Buy) signora borghese e snob, sposata con Marcello e madre di Caterina (Benedetta Porcaroli) e Susanna (Diana Del Bufalo), che è appena rincasata da Milano per le festività natalizie. Insieme a loro vivono la nonna (una spassosa Ornella Vanoni) e la zia Agostina (Sabrina Impacciatore) e a servire tutti nella grande casa barocca e dalle note kitsch, c’è l’affascinante governante Maria (Luisa Ranieri).

I costumi, le pettinature e i colori con cui tutto è assemblato, sono parte integrante della storia e della linea dei personaggi, nonché dell’intenzione narrativa e stilistica che il regista, insieme alla sceneggiatrice Lina Nur Sultan, tracciano percorrendo un giallo deduttivo intriso di sarcasmo, chiaramente portato avanti dalle interpretazioni delle attrici mattatrici.

L’Enigma della camera chiusa

La trama è strutturata attorno al cosiddetto “enigma della camera chiusa”, nel quale un gruppo di persone si trovano in uno spazio comune e, quando all’improvviso si scopre l’assassinio di uno di loro, s’innesca la caccia al colpevole con relative reciproche accuse e – soprattutto – svelamento degli altarini di ciascuno. In particolar modo nei confronti del rapporto che ognuno aveva veramente col morto.

L’atmosfera ricreata dagli ambienti, dall’aria che si respira tramite la messinscena e la recitazione spesso impettita delle donne, fa calare nello charme degli anni 30, nonostante la semplicità dei dialoghi e la forzatura nella resa di alcune battute.

Ma questo non importa molto, a dire il vero. 7 donne e un mistero regala la complicità relazionale che le interpreti hanno instaurato tra loro nel corso delle riprese, e lascia trasparire il loro divertimento nel calarsi in quei ruoli, una su tutte: Ornella Vanoni.

Un crime a base di leggerezza

L’impianto crime del film dà un sapore elegante anche all’attrazione che la storia suscita. E rende davvero il prodotto finale perfetto per l’intrattenimento da festività natalizie, non fosse altro che il periodo in cui i fatti si stanno svolgendo è proprio quello. Ciò che in assoluto fa funzionare tutto è la leggerezza con cui viene condotta la storia e quel senso svagato che man mano restituiscono i movimenti che s’innescano tra i personaggi, una sorta di distacco da quello che in parte era stato promesso, a favore di un’armonia tutta al femminile, in barba agli uomini che le fanno bisticciare. In fondo il caso da risolvere e i rospi che le protagoniste via via sputano, sono un pretesto per poi dire qualcos’altro, anche se viene accennato sempre con quella noncuranza paciosa e goliardica. E quel che resta è il gusto per i grandi classici che funzionano sempre, anche quando all’acqua di rose.

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