Bacurau è un villaggio brasiliano, piccolo e sperduto, dove, improvvisamente, alla morte della matriarca del villaggio, cominciano ad accadere cose strane, bizzarre: i telefoni cellulari smettono di funzionare, il villaggio scompare dalle mappe, stranieri misteriosi fanno la loro comparsa. Improvvisamente, comincia a scorrere il sangue degli abitanti del paesello.
Il film, diretto da Kleber Mendonça Filho con Juliano Dornelles, fa parte della selezione ufficiale, sezione concorso, al Festival di Cannes 2019 e senza dubbio riesce ad intrattenere il pubblico, a patto che questo sia disponibile a farsi scuotere un po’, a seguire un racconto apparentemente anarchico e divincolato dalle regole della narrazione tradizionale.
Giocando con i genere, i registi mettono insieme una storia che mescola western, thriller e un surrealismo sottile, presente in tutto il film ma mai preponderante o invadente, sempre in equilibrio con il plausibile.
Impossibile non farlo notare, Bacurau presenta anche una forte e manifesta componente politica: gli Stati Uniti invasori si approfittano dell’intero Brasile, che passivamente accetta l’invasione; ma questo non si verifica in questo villaggio, che invece combatte con tutte le armi che ha a disposizione e anche con quelle che non ha, con tutti i membri della piccola comunità, che sembrano una sorta di campione rappresentativo dell’intera popolazione brasiliana, con le sue fasce sociali e le sue caste. Sono pochi ma agguerriti e pronti a tutto, anche a ciò che è illecito.
Meglio di quanto fatto nel 2016 con Aquarius, presentato sempre a Cannes, Mendonça Filho racconta questo micro universo rimanendo in equilibrio tra l’indulgenza verso i suoi protagonisti e la loro piccola realtà e la compiaciuta messa in scena della trivialità; i registi evitano entrambi gli eccessi, rimanendo in un equilibrio vivace. Tuttavia è chiara la volontà di voler scuotere lo spettatore e di coinvolgerlo in un gioco basato sulla libertà espressiva e sull’anarchia dell’immagine, senza mai perderne il controllo.