Blancanieves: recensione del film di Pablo Berger

Blancanieves recensione 2Pablo Berger prende la più classica delle storie dei fratelli Grimm e la rilegge nelle soleggiate giornate della Siviglia degli anni ’20, ma per chi pensa di vedere l’ennesima rivisitazione della favola, mai come in questo periodo riletta da tutti i medium, è fuori strada.

 

Berger utilizza il cinema muto senza le furberie che hanno permesso a The Artist di elevarsi nella notte degli Oscar del 2012, bensì evidenzia la bellezza della grammatica dell’immagine che si sveste delle maglie del linguaggio per restituire tutto l’espressionismo del cinema di Dreyer, Pasbt e soprattutto Marnau, che hanno fatto scuola agli albori del cinema. Blancanieves recensione posterLa sceneggiatura, scritta dallo stesso regista, non si concentra nel cercare l’effetto narrativo per l’innesco della storia, anzi questa risulta essere molto lineare. Ma l’intento di quest’ultimo è legato unicamente nel rievocare nello spettatore l’emozione di una fiaba senza tempo. Infatti vengono mostrate le sofferenze di una bambina e di come sia accidentato e fugace il suo percorso d’amore, altalenato molto spesso ad eventi di distacco ma anche di scoperta.

Il regista adotta un intelligente e strategica composizione visiva per imprigionare la storia ad alti livelli narrativi. Numerose e suggestive saranno le inquadrature iconologiche che oltre ad omaggiare un cinema ormai andato, segnano i punti di svolta del film, come nelle sequenze della comunione oppure in quelle del tentato assassinio di Biancaneve. Il montaggio di Fernando Franco risulta essere l’unico elemento moderno e frizzante della storia, che trova nei raccordi sugli occhi o nei passaggi di macchina l’elemento spettacolare che molto spesso sposa e sottolinea la bellezza delle musiche di Alfonso de Viallonga. Queste rappresentano una vera e propria colonna sonora, poiché riescono a dare“voce” all’allegria o allo sgomento della sequenza, oppure a diventare elemento distintivo del personaggio, come lo è il capannello per il gallo pepe. Ed infine, i movimenti musicali si alternano tra musica diegetica o extradiegetica, dando così, quella corposità sonora che non fa sentire la mancanza della voce dell’attore.

Altro applauso va all’intero cast, dei volti che riescono a diventare maschere che a loro volta si trasformano in emozioni incarnando sentimenti netti come la crudeltà della matrigna Encarna (Maribel Verdù), il rimpianto di Antonio Villalta (Daniel Giménez Cacho), l’amore della nonna (Angela Molina) e della madre (Inma Cuesta) di Carmen. Quest’ultima interpretata da una piccola Sofia Oria e da un adolescente Macarena Garcìa, ma entrambe magnetiche ed eteree come le eroine delle fiabe.Blancanieves recensione

Blancanieves è un film multisfaccettato che omaggia la direzione del cinema muto e reinterpreta la favola in chiave storica-folkloristica. Facendo appello alla parte sensibile e ingenua dello spettatore, che accetta di farsi raccontare una storia agro-dolce in vecchio stile ma per un pubblico contemporaneo.

- Pubblicità -