Boris – Il film: recensione del film

Boris - Il film

In Boris – Il film un giovane Papa Ratzinger corre felice su un prato dopo aver saputo della scoperta del vaccino antipolio. Il regista, Renè Ferretti (Francesco Pannofino), dopo aver realizzato svariate fiction fatte “a cazzo di cane” come Gli occhi del cuore, Libeccio, Machiavelli, decide questa volta di opporsi di girare l’ennesima squallida scena e molla il set.

 

Così inizia l’attesissimo film di Boris, ispirato alla serie televisiva che dal 2007 prende di mira il mondo della fiction, con un atto estremo di coraggio, fatto da chi, come lui, è “il campione della merda”. Renè Ferretti si ritrova quindi precario, in un mondo che, soprattutto negli ultimi giorni, sta conoscendo le conseguenze del grave problema della precarietà. Però per Renè arriva presto un’altra occasione, offerta da un produttore indipendente, il famoso Sergio (Alberto Di Stasio), conosciuto dai fan della serie come l’assistente alla produzione della fiction Gli Occhi del cuore. Sergio gli propone di fare il grande salto nel cinema, una grandissima occasione per riscattarsi dalla bruttezza girata fino ad oggi. Il progetto prevede di portare sullo schermo il libro La casta di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella, un film d’autore quindi, impegnato, alla “Gomorra”; per questo progetto Renè lotta contro tutto e tutti per riuscire a riscattarsi e fare qualcosa di qualità. Ma ancora una volta dovrà fare i conti con la palude culturale che tutto ingloba.

Da una tv fatta a “cazzo di cane”, passa a un Cinema, se è possibile, ancora peggiore, roba da cialtroni. Di conseguenza, come se fosse inevitabile il suo destino e nonostante i suoi lodevoli sforzi, René Ferretti si ritrova tra i piedi la stessa troupe malconcia e fannullona di sempre, gli stessi attori cani, gli stessi sceneggiatori inetti e blasè e perfino lo stesso arrogante capo di produzione d’un tempo, Diego Lopez (Antonio Catania). Ferretti nonostante le premesse di questo progetto siano disarmanti, tenta comunque di riuscire a realizzare un film, perlomeno apprezzabile…ma lo spettro del Cinepattone incombe. Boris – Il Film, non delude né i fan, né i critici e sono certa che non deluderà il pubblico, perché sa far riflettere, in un modo straordinariamente semplice, e con un’ironia fresca, mai banale. Dispone di un cast perfetto, composto, insieme a Renè Ferretti da Duccio Patanò che interpreta il simpatico cocainomane direttore della fotografia (Ninni Bruschetta), il suo fedele capo elettricista Biascica (Paolo Calabresi), lo stagista di fotografia schiavo Lorenzo (Carlo De Ruggieri); Stanis La Rochelle (Pietro Sermonti), attore cane, demente, totalmente perso nella sua deriva psichica che vuole imporre la sua presenza nel film La Casta interpretando Gianfranco Fini e, infine Corinna (Carolina Crescentini): la cagna maledetta pronta a riciclarsi nel cinema d’autore. Un film, che si può forse inquadrare nel genere della commedia italiana (ma con notevole distacco da quella degli ultimi tempi) che parla dei reali compromessi che avvengono nel cinema italiano, di situazioni reali e grottesche, di luoghi comuni e di rassegnazione; e in questo tipo di cinema la rassegnazione è la regola.

Boris – Il film ha dunque il grande merito di mostrare il dietro le quinte del cinema, scandagliando gli stereotipi della televisione e del cinema e di far vedere al pubblico anche quegli odiosi atteggiamenti intellettuali e radical-chic tipici di coloro che realizzano o pensano di realizzare il cinema “di qualità. È un’opera originale ed esilarante destinata non solo a coloro che si sono appassionati alla serie ma a tutti quelli che hanno voglia di divertirsi e per una volta senza essere costretti alle volgarità dei cinepanettoni o alle banalità delle ultime commedie italiane. Uscirà nelle sale italiane in 300 copie il 1° aprile: il film che Wim Wenders non è riuscito a fare

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