Calvario: recensione del film con Brendan Gleeson

Calvario

In Calvario Padre James è il taciturno e riflessivo parroco di uno sperduto villaggio dell’Irlanda meridionale. La vita di tutti sembra passare monotona e inflessibile fino al giorno in cui il sacerdote, durante una confessione, viene minacciato di morte da un misterioso individuo, intenzionato ad ucciderlo per vendicarsi di abusi sessuali subiti da un prete durante l’infanzia. Avendo a disposizione una settimana per mettere a posto i propri affari, padre James dovrà cercare di scoprire chi fra i suoi parrocchiani, tutti apparentemente cordiali, è l’autore delle minacce, dovendo però scontrarsi con vecchi rancori e rapporti sociali non proprio idilliaci, scoprendo lui stesso di non esse quello che credeva.

 

Dopo l’esordio comico-grottesco di Un poliziotto da Happy Hour e una discreta carriera da sceneggiatore, John M. McDonagh cambia radicalmente rotta e stile, immergendosi totalmente in una brumosa e perturbante storia di segreti e bugie incastonata nella piovosa e gelida atmosfera campestre di un paese dove tutto appare il contrario di tutto, un microcosmo apparentemente felice in cui ognuno rivela progressivamente una diversa sfaccettatura nascosta della propria persona.

Calvario, il film

Scegliendo un intreccio che ricorda alla lontana i temi prediletti da Hitchcock (il mistero che si cela dietro la apparente normalità), il film si muove con un ritmo lento e contemplativo, seguendo il difficile percorso fisico e spirituale compiuto da padre James, interpretato da un misurato e stupendo Brendan Gleeson, verso la ricerca di una verità che non si ferma alla semplice identità del suo assassino, ma che lo condurrò in una vera e propria inchiesta sociologica di confronto diretto con i propri concittadini, scoprendo di non essere poi così rispettato e amato come credeva.

Lo stesso sacerdote dimostra di essere sommerso dai sensi di colpa e dalle incertezze, rivelano un rapporto contrastato con il proprio Dio e con gli amici/nemici più cari, a incominciare dalla sorella Fiona, una posata e tagliente Kelly Reilly, traccia di un passato che lui stesso non sa bene se considerare di piacere o dolore. Calvario compensa brillantemente l’andamento estatico delle sue atmosfere con situazioni per nulla prevedibili che catturano progressivamente l’attenzione dello spettatore, immergendolo in una pericolosa ricerca. James è un uomo comune, con i suoi vizi e debolezze, e l’essere diventato confessore involontario del suo futuro carnefice gli dà la forza per tirare le somme della propria vita, ecclesiastica e privata, rivelando strati incrostati di umanità tutto inaspettati.

Il calvario che dà il titolo al film non è solo quello di Cristo, non è il percorso di penitenza di padre James, non è il trauma infantile di un uomo; è il calvario di ogni essere vivente messo dinnanzi alla faticosa vita di tutti i giorni, una vita in cui, come nel paese di questo racconto, i segreti e le menzogne prima o poi escono dalla patina di sporcizia di cui sono coperti.

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