Il regista Andrea Corsini è l’unico italiano in concorso alla 35ª edizione del Noir in Festival, dove presenta la sua opera prima dal titolo Ferine. Il film è un’espansione dell’omonimo cortometraggio dello stesso Corsini, presentato in concorso alla Sic – Settimana Internazionale della Critica, nell’ambito della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia 2019. Il progetto cinematografico è stato poi girato in Lombardia e in Piemonte, prodotto da Francesco Grisi e Giorgia Priolo per EDI Effetti Digitali Italiani, in associazione con Adler Entertainment, FilmAffair e OMDT.
Corsini propone qui una storia intensa ed emozionante sul conflitto tra la parte razionale e quella animale della nostra natura, e su come il trauma possa far emergere le ombre più profonde dell’animo umano. Un film che si costruisce a partire dallo stretto legame tra attori e ambienti, con l’obiettivo di riflettere proprio sul rapporto che l’essere umano ha oggi con la realtà che lo circonda e sull’influenza che può avere l’uno sull’altro. Allo stesso tempo, Ferine è anche un film sulla maternità, raccontata nei suoi aspetti più selvaggi e taciuti.
La trama di Ferine
Irene (Carolyn Bracken), ricca e raffinata collezionista d’arte, vede la sua vita sconvolta da un tragico evento che risveglia in lei un istinto primordiale e incontrollabile. Una nuova natura prende il sopravvento distruggendo la sua esistenza privilegiata. Dama (Caroline Goodall), misteriosa trafficante di predatori esotici, è sulle tracce di un suo esemplare fuggito dalla cattività, quando scopre qualcosa di inatteso: Irene. In lei riconosce un predatore nuovo, irresistibilmente pericoloso. Un destino oscuro unisce le due donne, trascinandole verso uno scontro inevitabile.

L’animo selvaggio che è in noi
Ferine è un film che non teme di immergersi nelle profondità più oscure e irrazionali dell’animo umano, utilizzando l’horror e il thriller come veicoli per una potente esplorazione della parte animale che alberga da sempre in ogni essere umano. Fin dalla sua apertura, con la citazione di Schopenhauer sull’uomo come “animale selvaggio e terribile” addomesticato dalla civiltà, il regista stabilisce l’intento del suo lavoro: svelare la ferinità che giace dormiente sotto lo strato sottile delle convenzioni sociali.
Il cuore pulsante di Ferine è dunque la sua indagine sulla vera natura umana nel momento della crisi. Il trauma della protagonista agisce dunque come un catalizzatore che distrugge la sua “civiltà” interiore, spingendola a regredire a uno stato in cui l’istinto animale prende il sopravvento sulla ragione e sulla moralità. La sua reazione alla sofferenza è presentata come una metafora estrema e viscerale di come il dolore insopportabile possa annullare la persona, lasciando spazio unicamente a una risposta primitiva, guidata dalla sopravvivenza emotiva o da una disperata forma di vendetta.
Corsini opera dunque – come si accennava poc’anzi – una sapiente fusione di generi per affrontare questo tema. L’horror serve a esprimere l’intensità e la brutalità di questo dramma interiore attraverso immagini crude e sconvolgenti, che scioccano senza il bisogno di mostrare nulla di particolarmente esplicito ma giocando adeguatamente su ciò che invece udiamo. Il thriller, invece, scandisce il ritmo narrativo, mantenendo alta la tensione morale e psicologica lungo tutta la narrazione.

Il rapporto dell’uomo con l’ambiente
C’è dunque una riflessione importante oltreché attuale alla base del film di Corsini, specialmente considerando quanto sempre più l’essere umani risulti “addomesticato”, soffocando quel lato più istintivo di sé che andrebbe invece a suo modo compreso e protetto. Uno scontro che ritroviamo, come si diceva in apertura, nel rapporto tra i personaggi con il contesto in cui si muovono. Se la protagonista Irene è un concentrato di crescente indomabilità, è anche vero che si muove da una gabbia ad un’altra, dalla rigida architettura della sua casa alle gabbie per animali vere e proprie.
Un lavoro dunque di scelta degli ambienti che sottolinea e sostiene i discorsi tematici del film. Soprattutto, sono luoghi che permettono alle attrici del film . Carolyn Bracken (Oddity, You are not my mother), Caroline Goodall (Schindler’s List, Hook) e Paola Lavini (Volevo nascondermi, Anime nere) – di dar vita ad interpretazioni che esaltino ulteriormente i valori di cui si fanno portatrici. Alla luce di ciò, Ferine risulta un film non facile da digerire, che turba proprio per il suo raccontare cose che costringono ad uscire dalla comfort zone, dimostrando inoltre quanto il genere sia sempre un mezzo ideale per raccontare l’animo umano.
Ferine
Sommario
Ferine è un esordio audace e disturbante, in cui Andrea Corsini usa horror e thriller per esplorare la parte più primitiva e dolorosa dell’animo umano. Il film colpisce per la forza metaforica del trauma e per la tensione tra razionalità e istinto, incarnata da due protagoniste magnetiche. Un’opera viscerale, non facile ma potentissima, che conferma il genere come strumento ideale per indagare le nostre ombre.
