Sorry We Missed You

“Sorry we missed you” è una tipica frase riportata sui bigliettini che i fattori rilasciano nel momento in cui, alla consegna del pacco, non trovano il destinatario in casa. All’interno del nuovo film di Ken Loach, intitolato appunto Sorry We Missed You, e in Concorso al Festival di Cannes 2019, questa formula assume significati ben più profondi, primo tra tutti quello di una mancanza, in questo caso genitoriale, che può portare a gravi conseguenze. Dopo aver vinto la Palma d’Oro tre anni fa con I, Daniel Blake Loach torna a parlare della classe lavoratrice con un film sincero e di forte impatto, approfondendo stavolta la dura realtà che investe chi svolge il lavoro di fattorino. Difficoltà che si riversano, di conseguenza, anche sui relativi famigliari.

 

Il film segue la storia di Ricky (Kris Hitchen) Abby (Debbie Honeywood) e i loro due figli Seb e Liza. Una famiglia particolarmente unita, messa in crisi solamente dalle difficili condizioni economiche. Dopo aver provato ogni tipo di lavoro, Ricky decide di puntare tutto sull’acquisto di un van, intraprendendo la carriera di fattorino freelance. Benché questa possa rivelarsi una buona soluzione ai loro problemi, il nuovo lavoro sembra tuttavia sottoporre la famiglia a nuove e inaspettate crisi.

Si sente spesso parlare delle difficoltà lavorative dei fattorini, ma a volte non si immagina quanto profondamente le loro vite siano influenzate dal sistema capitalista che li governa. Ken Loach cerca con questo film di scavare oltre le polemiche e i dibattiti, andando alla scoperta di ciò che realmente significa lavorare per più di dodici ore al giorno, con la preoccupazione della puntualità e della responsabilità che si ha sulle proprie consegne.

Il regista e lo sceneggiatore Paul Laverty arrivano a dare una risposta a queste e altre domande partendo da un’immagine semplice ma significativa: una famiglia che, pur vivendo sotto lo stesso piccolo tetto, si ritrova insieme con difficoltà, i cui membri sono costantemente divisi durante il giorno da impegni che li portano a stare lontani gli uni dagli altri. È dunque chiaro il messaggio che Loach vuole trasmettere, e per farlo usa il suo consolidato stile fatto di grande imparzialità e controllo.

Non occorre sottolineare con particolari scelte di regia la difficoltà di queste situazioni, esse stesse raccontano già abbastanza a riguardo. Senza calcare la mano, Loach riesce a dare la giusta importanza alla storia, trasmettendo con genuinità  le emozioni che desidera far provare allo spettatore. Un ritratto lucido di una realtà a noi vicinissima, dove non manca una certa comicità, la quale con l’avanzare del film sembra però cedere sempre più il passo ad un pessimismo che non concede grandi speranze.

Loach sembra raccontare sempre la stessa storia, e il confronto con I, Daniel Blake arriva inevitabile, eppure arricchisce questo racconto di nuove sfumature, stavolta concentrandosi non tanto sul rapporto tra l’uomo e il lavoro quanto appunto sui membri di una famiglia. I quattro protagonisti si affermano ognuno come un mondo a sé stante da poter esplorare, tutti legati dalle medesime radici e posti dinanzi allo stesso conflitto. Sopra le loro teste grava una realtà che sembra schiacciarli ogni volta di più, costringendo i genitori a divenire assenti, a poter adempiere ai loro doveri famigliari prevalentemente tramite l’utilizzo del cellulare, e i figli di conseguenza sembrano smarrire la strada, acquisendo non meno nevrosi dei loro padri.

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RASSEGNA PANORAMICA
Gianmaria Cataldo
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Gianmaria Cataldo
Laureato in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è un giornalista pubblicista iscritto all'albo dal 2018. Da quello stesso anno è critico cinematografico per Cinefilos.it, frequentando i principali festival cinematografici nazionali e internazionali. Parallelamente al lavoro per il giornale, scrive saggi critici e approfondimenti sul cinema.
sorry-we-missed-youSenza calcare la mano, Loach riesce a dare la giusta importanza alla storia, trasmettendo con genuinità  le emozioni che desidera far provare allo spettatore. Un ritratto lucido di una realtà a noi vicinissima, dove non manca una certa comicità, la quale con l’avanzare del film sembra però cedere sempre più il passo ad un pessimismo che non concede grandi speranze.