Com’è bello far l’amore: recensione

Com’è bello far l'amore

C’è poco da fare, quello della coppia in crisi è un tema che ai nostri registi fa gola, forse troppo. 10 anni fa ce ne aveva dato un assaggio Muccino con L’ultimo bacio, stereotipato ritratto dei 30enni, riprovandoci poi l’anno scorso col sequel Baciami ancora. Ora, a cimentarsi sui problemi tra coniugi è Fausto Brizzi, autore della commedia sentimental-demenziale in uscita venerdì, Com’è bello far l’amore.

 

In Com’è bello far l’amore Claudia Gerini e Fabio De Luigi sono Giulia e Andrea, 40enni sposati con figlio adolescente, bella casa e lavoro stabile. Una vita perfetta, insomma. Unico problema, non fanno più sesso. L’erotismo sopito della coppia si risveglia quando Max “25” alias Filippo Timi, vecchio amico di Giulia e pornodivo di professione, torna da Hollywood sconvolgendo i delicati equilibri del loro rapporto. L’aitante attore s’improvvisa sessuologo e consigliere personale dei 2 protagonisti, aiutandoli a riaccendere una passione evaporata dopo anni di routine.

Com’è bello far l’amore, il film

Com’è bello far l'amore

Girato in 3D per un budget di 6,5 milioni di euro, Com’è bello far l’amore è un’instancabile carrellata di battute di serie B (“la donna è come un aereo – piena di pulsanti, se premi quello giusto la fai decollare”), strizzatine d’occhio al gergo adolescenziale (i “trombamici” della generazione 2.0), riferimenti fuori luogo al cinema d’autore (Bellocchio e Von Trier), e ovvietà: “Il buon sesso è come un cocktail: un mix d’immaginazione, prestanza atletica e fantasia”. Filippo Timi non convince nei panni del macho campione del sesso, una Claudia Gerini ancora fisicamente in stato di grazia gioca a fare la moglie gattona poco curandosi della qualità della recitazione (ma il copione è quello che è), e De Luigi, sebbene diverta nei panni del simpatico imbranato, ricicla espressioni ereditate dai suoi spot (quello del detersivo è citato esplicitamente). Cameo della Buy all’interno del prologo, durante il quale Timi ci “istruisce” sulla relazione cinema-sesso, dai fratelli Lumière in poi.

Certo, qua e là il livello dell’umorismo riesce ad essere perlomeno dignitoso, vedasi la scena in cui Andrea, durante una presentazione, sbaglia filmato e mostra ai clienti attoniti le riprese della notte precedente con Giulia; o la gag in cui viene messo alla berlina dalla loquacità di un farmacista indiscreto. Detto questo, la pellicola di Brizzi non si discosta troppo dalla comicità di stampo cabarettistico – televisivo, condita da musiche melense che ricordano quelle delle nostre fiction. E non aiuta nemmeno il fatto che la canzone tema del film sia cantata da una fuoriclasse come Patty Pravo.

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Ilaria Tabet
Laureata alla specialistica Dams di RomaTre in "Studi storici, critici e teorici sul cinema e gli audiovisivi", ho frequentato il Master di giornalismo della Fondazione Internazionale Lelio Basso. Successivamente, ho svolto uno stage presso la redazione del quotidiano "Il Riformista" (con il quale collaboro saltuariamente), nel settore cultura e spettacolo. Scrivere è la mia passione, oltre al cinema, mi interesso soprattutto di letteratura, teatro e musica, di cui scrivo anche attraverso il mio blog:  www.proveculturali.wordpress.com. Alcuni dei miei film preferiti: "Hollywood party", "Schindler's list", "Non ci resta che piangere", "Il Postino", "Cyrano de Bergerac", "Amadeus"...ma l'elenco potrebbe andare avanti ancora per molto!