Disobedience, recensione del film di Sebastián Lelio

Disobedience

Dopo aver vinto il premio Oscar per il miglior film straniero con Una donna fantastica, il regista cileno Sebastián Lelio torna al cinema dal 25 ottobre con Disobedience, film che ha per protagonisti Rachel Weisz, Rachel McAdams e Alessandro Nivola. La pellicola, tratta dall’omonimo best seller di Naomi Alderman, affronta il tema della libertà personale all’interno di una rigida comunità.

 

Ambientato nella comunità ebraica della Londra contemporanea, il film segue le vicende dell’emancipata e anticonformista Ronit (Rachel Weisz), che torna a casa per i funerali del padre. Qui ritrova la timida Esti (Rachel McAdams), con la quale aveva avuto un amore giovanile e che ora è sposata con Dovid (Alessandro Nivola), loro amico comune d’infanzia. L’incontro tra i tre riporta alla luce vecchi conflitti e passioni proibite.

Disobedience

Quella di Disobedience, seppur ambientata all’interno di un preciso contesto, è una storia dai caratteri universali. Nella disobbedienza portata avanti dalle due protagonista traspare tutta la loro umanità, con i loro dubbi e difetti, la loro voglia di libertà personale e autorealizzazione. Temi questi già affrontati precedentemente da Lelio, che infonde la sua tipica delicatezza nella narrazione sin dalla sceneggiatura, e che con un’elegante regia riesce a trasporre le sensazioni interne dei personaggi nell’ambiente circostante.

Ecco dunque che il film ha una prima parte dal ritmo più disteso, dove ci vengono presentati i drammi taciuti dei tre protagonisti e vengono gettate le basi per i conflitti futuri. Una prima parte questa, che già dalla fredda fotografia di Danny Cohen, evidenzia la condizione di staticità e rigidità della comunità presa in esame. Maggior calore subentra nel momento in cui le due protagoniste entrano in rotta di collisione, risvegliando la passione amorosa che le aveva travolte in gioventù. Il film acquista in eventi, sconvolgimenti emotivi e colori.

Il contrasto tra le due parti del film viene tenuto insieme, anche qui, dall’eleganza della regia di Lelio, che riesce a mantenere costante il garbo con cui segue i suoi protagonisti, interessato non a prenderne le parti ma a svelarli in ogni loro più piccolo aspetto e debolezza. Solamente una volta che essi saranno stati messi a nudo potranno intraprendere il loro percorso di rinascita.

Disobedience

Da questo punto di vista è probabilmente Rachel McAdams a spiccare su tutti, sfoggiando una profonda intensità e aderenza al ruolo, aiutata anche dall’avere quello che è probabilmente il personaggio più interessante e complesso del film. La sua Esti è quella che vive i maggiori conflitti, divisa tra una vita di conformismo e una passione considerata un tabù, costretta a subire sulla sua pelle le conseguenze di ogni decisione nell’una o nell’altra direzione.

Disobedience affronta così il tema della trasgressione nel mondo di oggi, dove i tabù hanno quasi cessato di esistere. Esplora il tema della libertà personale e di ciò che comporta, sia in termini di sacrifici che di ricompense, il seguire la propria strada. Lelio tratta con cura questi temi, facendoli fluire attraverso i suoi personaggi, e puntando sull’universalità di questi sentimenti riesce ad imprimere a lungo la sua storia nell’animo dello spettatore.

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Gianmaria Cataldo
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Gianmaria Cataldo
Laureato in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è un giornalista pubblicista iscritto all'albo dal 2018. Da quello stesso anno è critico cinematografico per Cinefilos.it, frequentando i principali festival cinematografici nazionali e internazionali. Parallelamente al lavoro per il giornale, scrive saggi critici e approfondimenti sul cinema.
disobedience-recensioneLelio tratta con cura i temi del film, facendoli fluire attraverso i suoi personaggi, e puntando sull’universalità di questi sentimenti riesce ad imprimere a lungo la sua storia nell’animo dello spettatore.