This is England: recensione del film di Shane Meadows

THIS IS ENGLAND

L’Inghilterra dei primissimi anni ’80 è tante cose tutte assieme. Il lento tramonto del punk, la nascente cultura pop, il proletariato inglese ferito dalla politica estera del Governo Thatcher.

 

I Clash e la guerra delle Falklands, la cultura Skinhead originale multirazziale, sporcata per sempre dal razzismo delle frange più violente della società. This is England è storia vera, non romanzo. Una storia filtrata dagli occhi (dolenti ma vivi) di un dodicenne che ha da poco perso il padre nella guerra delle Falklands.

Il dolore e l’incolmabile solitudine di Shaun, questo il nome del ragazzino, lo rendono la perfetta incarnazione della delusione di un popolo nei confronti di una nazione insensibile ai bisogni dei suoi figli.

Per sua fortuna, Shaun trova riparo fisico e conforto morale nella cultura Skinheads di Woody e soci, prima che il fascino del Male, incarnato da Combo (uno straordinario Stephen Graham), rovini tutto con la sua rabbia e la sua frustrazione.

THIS IS ENGLAND, il film di Shane Meadows

This Is England film posterL’Inghilterra che scrive e filma Shane Meadows è una lezione di realismo che lascia tanto amaro in bocca ma fa anche tanto sorridere. Impossibile non pensare alla lezione di Ken Loach, anche se Meadows si serve della ricostruzione storica e autobiografica per portare alla ribalta il valore della “scelta” e del libero arbitrio, oltre ogni bandiera. “Run with the crowd, stand alone. You decide” è l’headline che compare nella locandina originale.

La bandiera inglese, su cui campeggia la croce di San Giorgio, diventa qui un’arma nelle mani di ricchi e potenti per soggiogare una massa il cui nazionalismo razzista è più antidoto alla noia che scelta di parte. Mentre i minuti scorrono ed assistiamo alla crescita di Shaun, quella bandiera diventa a poco a poco un pezzo di stoffa di cui disfarsi.

La forza narrativa di This is England, più che nei dialoghi tesi e asciutti, è tutta nelle facce e nelle espressioni dei (fenomenali) attori. E’ quasi un muto d’autore che parla allo spettatore in maniera talmente potente da infondere in lui un disprezzo profondo verso quel micro/macrocosmo così vivo, seppur nella propria lenta agonia.

La regia di Meadows è puntuale e fa ampio uso di primi piani. Una sensazionale colonna sonora e la scelta di una fotografia sgranata poi, sono elementi che contribuiscono a conferire al film ancora più credibilità. Se non sapessimo che è un film del 2006, potremmo facilmente confonderlo con una pellicola girata a metà anni ’80, con i mezzi di allora.

Date un’occhiata a Jo Hartley (l’attrice che interpreta la mamma di Shaun) con occhialoni da vista ed acconciatura voluminosa, se non ci credete. Facile intuire perché questo capolavoro del cinema indipendente made in UK abbia vinto premi ovunque e perchè il regista stia pensando addirittura ad un suo riadattamento per la TV, dopo la morte della vera madre del protagonista, Thomas Turgoose.

- Pubblicità -