Ci sono solo due tipi di persone: i patrioti e i traditori. È ciò che viene pronunciato con veemenza verso la fine di Explanation for Everything, il film di produzione ungherese diretto da Gábor Reisz e presentato nella sezione Orizzonti della Mostra del Cinema di Venezia. Un film che, a partire da un episodio apparentemente banale e particolare, si apre al racconto di un paese intero, l’Ungheria, e del suo popolo segnato da traumi storici e scissioni interne. Quella proposta da Reisz, dunque, è l’occasione per confrontarsi con il concetto di identità nazionale, un tema che può suscitare riflessioni universali e sulle quali è sempre bene interrogarsi.
Explanation for Everything, i conflitti di un popolo
Nell’anniversario della Guerra d’Indipendenza del 1848, una delle celebrazioni più importanti dell’Ungheria, è consuetudine indossare una spilla della nazionalità composta dai colori della bandiera, e la percezione di ciò è diventata anche una questione politica. Le spille della nazionalità mostrate dalla fazione nazionalista durante gli eventi e le manifestazioni di partito hanno cambiato parecchio il significato di questo simbolo negli ultimi 20 anni. Mentre un tempo rappresentava l’indipendenza ungherese e un’affinità con il nostro Paese, oggi chiunque lo indossi è considerato a favore della nazione, e chiunque non lo indossa è contro di essa.
Alla luce di ciò, la vicenda narrata si svolge in estate, a Budapest. Abel, studente liceale, cerca di concentrarsi sugli esami finali, mentre si sta rendendo conto di essere perdutamente innamorato di Janka, la sua migliore amica. A sua volta, Janka è però innamorata, non corrisposta, di Jakab, professore di storia, sposato, che ha avuto in passato un diverbio con il padre conservatore di Abel. Le tensioni di una società polarizzata vengono inaspettatamente a galla quando l’esame di storia di Abel si risolve in uno scandalo nazionale, dovuto proprio alla presenza della spilla della nazionalità sulla giacca del ragazzo.
Un avvincente racconto a più voci
Data la complessità e la delicatezza del tema trattato, Reisz e la sua co-sceneggiatrice Éva Schulz scelgono di affrontare la questione tra più punti di vista. Abbiamo quello del giovane Abel, una sorta di vittima degli eventi, quello del suo professore Jakab, che rivendica la sua contrarietà al significato della spilla e ciò che essa rappresenta, e quello del padre di Abel, ferocemente nazionalista. Si costruisce così un racconto a più voci con l’intenzione di sostenere equamente le convinzioni e le tesi di ogni parte in causa. Il regista sta infatti bene attento a non propendere né per l’una né per l’altra, mostrando piuttosto quella che per lui è la più grave conseguenza di questo conflitto.
Per Reisz, infatti, a morire in questo scontro è la comunicazione, la possibilità di un popolo di confrontarsi civilmente su questioni così importanti della propria identità nazionale. Seguiamo allora i protagonisti nel loro incastrarsi sempre di più in una situazione che va ben oltre le loro possibilità e che comprende un intero popolo, il quale diventa partecipe dello scontro generatori tra Abel e Jakab in quanto si riconosce nelle questioni sollevate. C’è dunque quasi un intento documentaristico da parte del regista, che cerca con la sua macchina da presa di avvicinarsi il più possibile ai personaggi, catturare la loro verità e i loro pensieri, restituendo la varietà e verità di un popolo.
Dal particolare all’universale, un racconto di grande importanza
Non mancano in realtà anche i casi in cui il regista sembra dilungarsi eccessivamente su alcune sottotrame o aspetti della vicenda che, pur donando colore e caratterizzazione ai personaggi e alla storia, rischiano di dilungare di troppo i tempi. Explanation for Everything dura infatti due ore e mezza piene, un minutaggio importante che non rende il film di facile fruizione. Un lavoro di rifinitura su buona parte della prima ora di racconto avrebbe dunque non solo ridotto la durata dell’opera ma anche reso più incalzante il ritmo e conferito maggior forza al racconto.
Perché è proprio quando poi si entra nella seconda parte del film, quando dunque la vicenda si fa più definita ed ogni dialogo, ogni scena, punta alla sua valorizzazione, che Explanation for Everything acquista grande valore. Ci si trova così di fronte ad un film importante, che partendo dal particolare arriva a parlare dell’universale, in un modo simile a quanto fatto dal film L’insulto, presentato nel concorso della Mostra del Cinema di Venezia nel 2017. Il film di Reisz può però benissimo anche oltrepassare i confini ungheresi per essere declinato ad altre realtà, spingendo appunto a riflettere su cosa definisca un patriota e cosa un traditore. Ecco allora la sua grande forza, il suo valore come opera cinematografica.