Un finale divisivo che spezza l’equilibrio
Il problema di You Will Never Find Me sta però nel suo terzo atto. Dopo aver costruito con rigore una tensione psicologica che si alimenta di minimi scarti e ambiguità, il film sceglie una svolta più visionaria e simbolica. Il punto di vista si sposta sempre più verso la soggettività di Patrick, e il racconto si apre a incursioni quasi oniriche, con scelte visive forti e un crescendo sonoro che punta all’horror sensoriale.
È una scelta coraggiosa, ma anche rischiosa: lo stile cambia improvvisamente, la tensione sottile si trasforma in allucinazione. Alcuni spettatori la troveranno una conclusione potente, altri ne usciranno disorientati. La forza narrativa che reggeva il film nella prima ora viene in parte sacrificata per un’esplosione emotiva che, pur coerente con le intenzioni autoriali, appare meno incisiva proprio perché troppo distante dall’impianto iniziale.
Una prova d’autore che lascia intravedere un futuro promettente
Pur con i suoi limiti e la sensazione di essere un film più riuscito nella sua promessa che nel suo compimento, You Will Never Find Me resta un debutto interessante e ben costruito. Indianna Bell e Josiah Allen dimostrano di conoscere il linguaggio cinematografico e di avere un’idea chiara di cosa vogliano raccontare. Il loro è un film che sfida l’attenzione e la pazienza dello spettatore, e che non cerca scorciatoie per piacere.
Il talento si vede nella cura con cui viene gestita l’atmosfera, nella direzione attenta degli attori, nella capacità di evocare una tensione che non ha bisogno di spiegazioni. È un horror rarefatto, più vicino alla psicologia che al sangue, e che nel suo modo elegante e disturbante di raccontare la paura riesce comunque a lasciare un segno.
You'll Never Find Me
Sommario
You Will Never Find Me è un piccolo film d’autore che si prende i suoi rischi, una visione stimolante per chi ama i racconti di tensione sotterranea, quelli in cui i mostri si nascondono più dentro che fuori. E se il finale divide, è anche perché il viaggio – fino a quel punto – era stato ipnotico.