You’ll Never Find Me – Nessuna via d’uscita, recensione del film horror australiano

Dal 17 luglio al cinema, l'opera prima di Indianna Bell e Josiah Allen è un intrigante thriller psicologico che gioca con il silenzio, la paura e le apparenze

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Debutto al lungometraggio per la coppia australiana composta da Indianna Bell e Josiah Allen, You Will Never Find Me è un film che si muove ai margini del genere, nel punto esatto in cui l’horror psicologico incontra il dramma dell’isolamento e la tensione da camera chiusa. Presentato in diversi festival internazionali e nelle sale italiane dal 17 luglio, il film racconta una storia in apparenza semplice, ma che nella sua messa in scena costruisce un universo inquieto, ambiguo, volutamente indecifrabile.

La vicenda si svolge tutta nel giro di una notte, dentro e attorno a una vecchia roulotte nel retro di un campeggio semi-abbandonato. Patrick (Brendan Rock), uomo solitario e sfuggente, si trova improvvisamente a fare i conti con una giovane donna (Jordan Cowan), misteriosa, bagnata fradicia e a piedi nudi, che bussa alla sua porta in cerca di riparo durante una violenta tempesta. L’uomo la fa entrare, e da quel momento si avvia una lunga e soffocante attesa: chi è lei? Cosa cerca davvero? Ma anche: cosa nasconde lui? Chi dei due è più pericoloso?

Un ambiente claustrofobico, due personaggi ambigui

Il film si costruisce sull’essenzialità. Uno spazio chiuso, due soli protagonisti, luci basse, dialoghi calibrati e una pioggia incessante che accompagna ogni scena come sottofondo minaccioso. La roulotte diventa quasi un personaggio a sé, grazie a un lavoro sul suono che è forse la componente più potente del film: il legno che scricchiola, il vento che sibila, l’acqua che filtra, i respiri trattenuti. Tutto contribuisce a creare un’atmosfera sospesa, carica di tensione, dove nulla è detto chiaramente ma tutto sembra sul punto di esplodere.

Bell e Allen sfruttano ogni centimetro di spazio per alimentare un senso di oppressione crescente. I movimenti di macchina sono sobri ma studiatissimi, la fotografia di Maxx Corkindale scolpisce volti e ombre in modo da esaltare l’ambiguità morale dei personaggi, e la sceneggiatura si affida al non detto più che alla narrazione esplicita. Il risultato è un film che funziona quasi come un esperimento: si può tenere lo spettatore avvinto con così poco, senza jumpscare, senza colpi di scena, ma solo con una tensione emotiva costante?

La tensione come forma narrativa

Per larga parte della sua durata, la risposta è sì. You Will Never Find Me regge su un equilibrio fragile ma efficace: lo spettatore si ritrova in bilico tra due personaggi che sembrano entrambi sul punto di rivelarsi mostruosi. Il film gioca sul ribaltamento delle aspettative, sulla sfiducia che cresce in chi guarda così come tra i protagonisti. La giovane è una vittima o una manipolatrice? Patrick è un uomo solitario e traumatizzato o un predatore?

Questo continuo gioco di ambiguità fa pensare a titoli come Barbarian di Zach Cregger o The Night House di David Bruckner, dove la tensione deriva dalla percezione distorta della realtà, più che da eventi concreti. I personaggi non fanno nulla di eclatante, ma ogni parola, ogni sguardo, ogni gesto quotidiano è investito di un peso drammatico. Il film lascia che siano i piccoli dettagli – il modo in cui Patrick beve, come la ragazza osserva certi oggetti, i silenzi che si allungano – a suggerire la violenza latente.

Una scena di You Will Never Find Me
Una scena di You Will Never Find Me © Shudder

Un finale divisivo che spezza l’equilibrio

Il problema di You Will Never Find Me sta però nel suo terzo atto. Dopo aver costruito con rigore una tensione psicologica che si alimenta di minimi scarti e ambiguità, il film sceglie una svolta più visionaria e simbolica. Il punto di vista si sposta sempre più verso la soggettività di Patrick, e il racconto si apre a incursioni quasi oniriche, con scelte visive forti e un crescendo sonoro che punta all’horror sensoriale.

È una scelta coraggiosa, ma anche rischiosa: lo stile cambia improvvisamente, la tensione sottile si trasforma in allucinazione. Alcuni spettatori la troveranno una conclusione potente, altri ne usciranno disorientati. La forza narrativa che reggeva il film nella prima ora viene in parte sacrificata per un’esplosione emotiva che, pur coerente con le intenzioni autoriali, appare meno incisiva proprio perché troppo distante dall’impianto iniziale.

Una prova d’autore che lascia intravedere un futuro promettente

Pur con i suoi limiti e la sensazione di essere un film più riuscito nella sua promessa che nel suo compimento, You Will Never Find Me resta un debutto interessante e ben costruito. Indianna Bell e Josiah Allen dimostrano di conoscere il linguaggio cinematografico e di avere un’idea chiara di cosa vogliano raccontare. Il loro è un film che sfida l’attenzione e la pazienza dello spettatore, e che non cerca scorciatoie per piacere.

Il talento si vede nella cura con cui viene gestita l’atmosfera, nella direzione attenta degli attori, nella capacità di evocare una tensione che non ha bisogno di spiegazioni. È un horror rarefatto, più vicino alla psicologia che al sangue, e che nel suo modo elegante e disturbante di raccontare la paura riesce comunque a lasciare un segno.

You'll Never Find Me
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Sommario

You Will Never Find Me è un piccolo film d’autore che si prende i suoi rischi, una visione stimolante per chi ama i racconti di tensione sotterranea, quelli in cui i mostri si nascondono più dentro che fuori. E se il finale divide, è anche perché il viaggio – fino a quel punto – era stato ipnotico.

Agnese Albertini
Agnese Albertini
Nata nel 1999, Agnese Albertini è redattrice e critica cinematografica per i siti CinemaSerieTv.it, ScreenWorld.it e Cinefilos.it. Nel 2022 ha conseguito la laurea triennale in Lingue e Letterature straniere presso l'Università di Bologna e, parallelamente, ha iniziato il suo percorso nell'ambito del giornalismo web, dedicandosi sia alla stesura di articoli di vario tipo e news che alla creazione di contenuti per i social e ad interviste in lingua inglese. Collaboratrice del canale youtube Antonio Cianci Il RaccattaFilm, con cui conduce varie rubriche e live streaming, è ospite ricorrente della rubrica Settima Arte di RTL 102.5 News.

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