Ferdinand, recensione del film di Carlos Saldanha

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Pelo nero, lucidissimo e morbido come le curve di una collina, sguardo un po’ triste ma gentile, Ferdinand è un toro dell’Andalusia addestrato per combattere che cresce contrario alla sua natura. Adora i fiori ma non la sabbia dell’arena, odia litigare con i compagni di “scuola” e rifiuta qualsiasi forma di violenza; per lui esiste un’esistenza alternativa a quella già scritta per la specie e la trova finalmente nell’amore della piccola Nina e nella fattoria di suo padre. Un coltivatore di fiori, guarda caso.

 

Dalla Storia del toro Ferdinando pubblicata nel 1936 da Munro Leaf (già tradotta in un corto dalla Disney nel 1938) Carlos Saldanha, regista di Rio 2 e L’Era Glaciale 2, trae ispirazione per questo adattamento cinematografico che espande l’universo, i personaggi e le ambientazioni della fiaba breve e ne ricava un racconto del tutto attuale per i messaggi di cui si fa carico e per il look moderno, le musiche, il taglio della scrittura con riferimenti alla società pop.

Ferdinand: l’intervista al regista Carlos Saldanha

Niente di più vicino poi, nella maniera con la quale Saldanha gestisce la caratterizzazione di Ferdinand e le sequenze d’azione e non solo, agli altri titoli da lui scritti e diretti, dotati anch’essi di una forte (auto)ironia espressa attraverso la comicità fisica. Di fatto è proprio la fisicità del grosso toro gentile, tutt’altro che “scatenato” come nell’omonimo capolavoro di Scorsese, a rendere il tema trattato meno pesante e rivolto principalmente ad una platea di piccolissimi spettatori.

A loro il regista dedica questa trasposizione in chiave fanciullesca di una fiaba, quella di Leaf, che è bene annoverare tra le più importanti della tradizione letteraria. Non soltanto per l’oggettiva bellezza artistica, quanto invece per il valore politico di cui fu simbolo al momento della sua pubblicazione (il testo venne messo al bando dai regimi totalitari dell’epoca in quanto antimilitarista). E infatti sta nel fascino sovversivo di una verità che i bambini potrebbero dare per scontata, ovvero che i tori nascono e crescono per essere cattivi e combattere il torero in un’arena, la forza di Ferdinand; un aspetto per niente banale reso da Saldanha con assoluta consapevolezza.

Certo non si può chiedere al regista di restituire la stessa maturità del romanzo, perché non è questa la sede né l’operazione cinematografica adatta, ma l’adattamento mostra i segni di un professionismo che, partendo dal rispetto e dalla devozione nei confronti di un testo sacro, lo racconta ad un pubblico diverso (e purtroppo meno educato all’ascolto e alla curiosità). Per la buona volontà, il discreto livello di animazione digitale – ben lontano dalle eccellenze Disney e Pixar – e le intenzioni, Ferdinand è il progetto riuscito di un filmaker con esperienza e spirito creativo, capace di creare mondi nuovi assolutamente godibili, come lo sono i personaggi (fra tutti i tre topolini Un, Dos, Tres e la capretta Lupe) e le ambientazioni esotiche della Spagna rurale.

Ferdinand: il trailer del film d’animazione dal 21 Dicembre al cinema

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