Au plus près du soleil è un dramma francese virante alla tragedia greca più nera, che ricorda da vicino opere come l’Ippolito portatore di corona oppure il classico Edipo Re, del quale richiama in qualche modo atmosfere, suggestioni e sensazioni mescolandole sapientemente- grazie alla regia di Yves Angelo– ad altre provenienti direttamente dall’universo del noir, e in particolare dalle storie scritte da Simenon. Tutto questo per raccontare la storia di una coppia, Sophie (magistrato) e suo marito Olivier (avvocato): entrambi si muovono nel sottobosco del mondo giudiziario e sono alle prese con casi complessi. La loro esistenza borghese viene sconvolta quando la donna si imbatte nel caso di Juliette, accusata di aver indotto il suo amante all’omicidio. La scoperta che è lei la madre del figlio che avevano adottato diciotto anni prima si abbatte sulle loro vite, soprattutto quando l’uomo comincia ad avere dei contatti con l’altra donna, l’estranea, traghettandola lentamente nella loro vita e innescando una pericolosa catena di eventi autodistruttivi.
Angelo parte da
presupposti curiosi e morbosamente interessanti per tessere le
fitte trame di questo dramma, che ha su carta tutti gli elementi
utili per tenere alta l’attenzione dello spettatore: purtroppo
decide di abbandonare il tocco più “dark” per avvicinarsi invece ai
toni della pura tragedia, disperata e disperante, a base di amori
dati e non ricevuti, gelosie, drammi di uomini e donne comuni alle
prese con eventi più grandi di loro che non sanno gestire, con il
risultato che la narrazione ne risulta appesantita, rarefatta tra i
dedali ciechi delle sue inquadrature ricercate e vicine alla
sensibilità della nouvelle vague, tra primissimi piani e
bruschi stacchi di montaggio, affiancati a veri e propri momenti di
“poesia creativa”, dove il tempo viene sospeso e le immagini si
dilatano sullo schermo inglobando lo spettatore.
Spettatore che viene messo nella condizione di un voyeur impotente delle macabre vicende che si abbattono su questi quattro personaggi, dimostrazione vivente di come piaccia- e anche parecchio- al destino giocare a dadi con le vite degli altri.