Hellboy – L’uomo deforme: recensione del film con Jack Kesy

Hellboy torna al cinema protagonista di un racconto più horror e più riflessivo.

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Proprio come Superman, Batman o Spider-Man (per rimanere in tema supereroi dei fumetti), anche Hellboy negli ultimi vent’anni è stato portato al cinema in ben quattro occasioni diverse, con tre attori alternatisi nel ruolo di Red. Se prima è toccato a Ron Perlman in Hellboy Hellboy – The Golden Army (ancora oggi l’interpretazione più amata dai fan) e poi nel 2019 a David Harbour in Hellboy, è ora il turno di Jack Kesy (noto per la serie The Strain e il film Deadpool 2) di assumere il ruolo in Hellboy – L’uomo deforme. Il film, diretto da Bryan Taylor (regista di Ghost Rider – Spirito di vendetta) arriva finalmente in sala dopo diverse peripezie.

Dopo il fallimentare blockbuster del 2019, si è deciso di optare per un diverso approccio per il ritorno del personaggio sul grande schermo. È così stato realizzato un adattamento del racconto autoconclusivo L’uomo deforme, scritto da Mike Mignola e disegnato da Richard Corben. Una storia più piccola, con un numero limitato di personaggi e location, il che ha permesso di poter contare su un budget piuttosto ridotto. Ma la natura fin troppo “contenuta” del film deve aver spaventato i suoi produttori, con il risultato che negli Stati Uniti Hellboy – L’uomo deforme è approdato direttamente al video-on-demand. In Italia arriva solo ora, oscurato dal caldo e dagli altri cinecomic e film horror attualmente in sala.

La trama di Hellboy – L’uomo deforme

La vicenda si svolge nel 1959, nelle zone della catena montuosa degli Appalachi. Qui Hellboy – un agente del B.P.R.D. alle prime armi – e la sua assistente Bobbie Jo Song (Adeline Rudolph) si ritrovano bloccati in un villaggio rurale particolarmente sinistro. Apprenderanno con orrore (Bobbie Joe) e con fastidio (Hellboy) che il luogo è infestato dalle streghe e in particolare da un demone noto come Uomo Deforme. A guidarli nella ricerca di quest’ultimo, con l’obiettivo di eliminarlo, è  Tom Ferrell (Jefferson White) tornato dopo decenni in quei luoghi per porre fine al debito contratto proprio con il temibile demone.

Jack Kesy e Adeline Rudolph in Hellboy - L'uomo deforme
Jack Kesy e Adeline Rudolph in Hellboy – L’uomo deforme

Spezzare il legame con il passato

Indubbiamente, Hellboy – L’uomo deforme è un’operazione decisamente lontana dalle precedenti attuate per il personaggio. Il confronto con quei film – spettacolari e visionari blockbuster ricchi di effetti speciali e azione di grande impatto – risulta quasi fuori luogo. Il nuovo lungometraggio dedicato al diavolo rosso di Mignola non cerca in nessun modo di emulare quei titoli, accostandosi piuttosto a quel folk horror recentemente riportato in auge da film come The Witch, Midsommar – Il villaggio dei dannati Men. Ci troviamo così davanti a lugubri foreste, un villaggio di dannati, maledizioni e leggende raccapriccianti di ogni sorta.

È un luogo fuori dal mondo quello in cui capitano Hellboy e la sua assistente Bobbie Jo, nel quale si trovano a dover mettere in pausa i loro altri impegni per debellare il male che lì si annida. Hellboy – L’uomo deforme si configura infatti come un horror a tutti gli effetti, discostandosi così dai precedenti lungometraggi, dove si mescolavano azione, fantasy e umorismo. Lo scontro tra forze del bene e del male è dunque grosso modo il principale interesse del film, che evita inoltre di configurarsi come una origin story, sia per rimanere fedele al fumetto di Mignola e Corben, sia per accentuare la volontà di fare di questo un film assolutamente a sé stante.

Hellboy – L’uomo deforme si allontana anche in questo senso dalle ambizioni dei suoi predecessori, scegliendo di offrire ai suoi spettatori un racconto su scala ridotta, pensato per essere un capitolo della vita del suo protagonista, estrapolato da un prima e un dopo (e lo stesso film è diviso in capitoli). Non sappiamo dunque nulla di ciò che c’è stato prima per Hellboy, sebbene alcune informazioni sulla sua nascita e l’apocalittica profezia a  cui è legato vengano fornite. L’importante è invece il racconto, l’orrore che da esso si genera e che il regista mira a restituire tra effetti pratici e CGI.

Martin Bassindale in Hellboy - L'uomo deforme
Martin Bassindale in Hellboy – L’uomo deforme

Orrore e senso della vita in Hellboy – L’uomo deforme

Di momenti horror in Hellboy – L’uomo deforme ce ne sono dunque diversi, tra ragni e serpenti giganti, streghe e i loro rituali, mutilazioni e uccisioni raccapriccianti. Taylor si impegna a gestire come meglio possibile – e come budget permette – questi momenti, evitando di ricorrere agli jump scare più banali per costruire invece una costante sensazione di disagio e angoscia. Una sensazione che non sempre viene sorretta e anzi talvolta si smarrisce, ma che si fa avvertire il giusto affinché l’attenzione resti al film. Certo, i fan abituati dai precedenti film potrebbero criticare la mancanza di sequenze d’azione più canonica, ma è invece interessante vedere un personaggio come Hellboy calato in un contesto horror come questo.

Efficaci a tal proposito l’interpretazione di Jack Kesy, che riesce a rendere credibile e affascinante questa versione di Hellboy più cupa, riflessiva e glaciale. Accanto a lui, spicca come ottima comprimaria Adeline Rudolph, con un personaggio dotato di una gamma di emozioni piuttosto ampia, in contrasto ai protagonisti più avvezzi all’orrore e dunque ormai apatici nei suoi confronti. Hellboy – L’uomo deforme gode dunque di elementi di interesse, confermandosi un’operazione rischiosa, che cerca di fare virtù dei suoi mezzi limitati e riesce, tra alti e bassi, a fornire anche qualche affascinante riflessione sulla morte, sulla colpa e sul prezzo che la vita chiede prima o poi di pagare.

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Hellboy - L'uomo deforme
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Sommario

Hellboy – L’uomo deforme si discosta radicalmente dai precedenti film dedicati al personaggio, optando per un approccio più horror e più riflessivo che – tra alti e bassi – possiede elementi per affascinare.

Gianmaria Cataldo
Gianmaria Cataldo
Laureato con lode in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza e iscritto all’Ordine dei Giornalisti del Lazio come giornalista pubblicista. Dal 2018 collabora con Cinefilos.it, assumendo nel 2023 il ruolo di Caporedattore. È autore di saggi critici sul cinema pubblicati dalla casa editrice Bakemono Lab.

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