Le bici che attraversano il selciato. Guglie gotiche che spiccano quasi fino a bucare il cielo. Un complesso di college che spaziano dal Medioevo all’età vittoriana. Se c’è un luogo dove il tempo sembra essersi fermato, dove assaporare il passato e rivivere le storie d’un tempo, quello è Oxford. Ed è proprio qui – fra la pioggia battente, le poesie romantiche di Keats, i drammi di Shakespeare e i racconti sussurrati tra le mura della Bodleian – che si incasella la storia d’amore di Il mio anno a Oxford.
Un semi-dramma romantico scritto da Allison Burnett e Melissa Osborne, diretto da Iain Morris e ispirato al romanzo di Julia Whelan. Il film, che vede come protagonisti l’ormai rodata Sofia Carson e al suo fianco Corey Mylchreest, è la love story perfetta da guardare in piena estate. Si sogna l’autunno, il profumo della pioggia, l’odore del tè, e quell’amore che – almeno una volta nella vita – si desidera provare: sconvolgente, profondo, coraggioso.
Il mio anno a Oxford, la trama
Anna è un’americana con un sogno nel cassetto che finalmente sta per avverarsi: trascorrere un anno a Oxford per studiare poesia vittoriana. Ma il primo giorno non è esattamente da cartolina: mentre cammina per le strade della città, viene investita da una pozzanghera sollevata da una Jaguar d’epoca. Alla guida, un ragazzo affascinante e un po’ arrogante: Jamie. Solo più tardi scoprirà che non è un semplice passante, ma il dottorando che terrà le lezioni del suo corso. Fra sonetti, versi e l’inconfondibile profumo di libri antichi, Jamie e Anna iniziano a conoscersi – e a piacersi. Lui le fa assaggiare il kebab migliore della città, la porta nella sua libreria segreta piena di volumi impolverati e storie leggendarie, e le fa scoprire l’atmosfera vibrante dei pub inglesi. Tra una canzone al karaoke, una poesia declamata e lezioni che iniziano a profumare d’amore, il loro legame si fa sempre più profondo. Ma un segreto, inaspettato e difficile da ignorare, è pronto a rimettere tutto in discussione.
Una storia sul valore del tempo
Sofia Carson è uno dei volti più riconoscibili del genere sentimentale. I suoi occhi da cerbiatta e il suo sorriso dolce la rendono la protagonista ideale per quelle storie che sanno strappare più di una lacrima. E ne Il mio anno a Oxford a dominare è proprio l’intensità dei sentimenti che tocca le corde del cuore. Non è la solita commedia a lieto fine, né una storia priva di sostanza, ma una narrazione che – pur trattando il tema dell’amore in modo edulcorato – ricorda l’importanza di valorizzare non solo il sentimento in sé, ma anche il tempo condiviso con chi lo suscita. Avvolti da una fotografia spesso calda, nonostante il cielo livido, Jamie e Anna costruiscono in circa due ore un rapporto maturo, pur non sostenendosi sempre su una sceneggiatura incisiva. E anche quando il tema della malattia si intrufola tra le maglie del racconto, questa riesce a non scivolare nel pietismo o nella lacrima facile.
Un film rassicurante, che si fa guardare
Indubbiamente Il mio anno a Oxford si inserisce in quella categoria di comfort movie che fanno spegnere i pensieri. Uno di quei prodotti da fruire quando si ha bisogno di evasione, di una dolcezza – ma anche di una riflessione lieve – che possa cullarci. Bisogna ammetterlo: non è un racconto impattante, ma non per questo è da scartare. Perché, anche se difficilmente resterà memorabile, riesce comunque a portare a termine il compito che si è prefissato: essere una pausa. Un momento di stacco. Perché abbiamo tutto il diritto di lasciarci trasportare dal romanticismo e da quel tocco di leggerezza che ci fa sognare, nonostante i classici topos di genere visti e rivisti. E poi c’è il fattore chiave: l’alchimia tra Carson e Mylchreest. Senza quella, il film non avrebbe funzionato. È lei il vero leitmotiv.
Il mio anno a Oxford
Sommario
Il mio anno a Oxford si inserisce in quella categoria di comfort movie che fanno spegnere i pensieri. Uno di quei prodotti da fruire quando si ha bisogno di evasione, di una dolcezza – ma anche di una riflessione lieve – che possa cullarci.