Fish Tank: recensione del film con Michael Fassbender

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Acclamata pellicola della regista Andrea Arnold, avendo ottenuto vari riconoscimenti  internazionali e il Premio della Giuria al Festival di Cannes 2009, Fish Tank è un film difficile e spregiudicato che colpisce profondamente come solo la vita può fare.

 
 

In Fish Tank la quindicenne Mia è un’adolescente ribelle che vive insieme alla madre e alla sorella minore, altrettanto riottose e indomabili. Espulsa dalla scuola e allontanata dagli amici, l’aggressiva ma vulnerabile Mia è incompresa quanto testarda, e ha una grande passione per l’hip-hop. Con l’arrivo di Connor, il nuovo compagno della madre, la vita di Mia andrà incontro a una svolta…

Sulla carta, non si può parlare di una vicenda originale; al contrario, una trama del genere sa di già visto, in particolare l’immagine dell’adolescente ribelle che può riscattarsi con il ballo. Aggiungiamo delle figure femminili pronte a mostrarsi brutali l’una nei confronti dell’altra, verbalmente e fisicamente, come Mia, la madre e la sorella, e il livello di empatia è difficile da raggiungere. Invece, con una sceneggiatura solida e un’ottima performance da parte degli interpreti (in particolare l’esordiente Katie Jarvis e Michael Fassbender, uno degli attori in ascesa più interessanti in circolazione), è possibile ottenere risultati lodevoli, anche per una pellicola indipendente.

Registro distaccato e a tratti documentaristico, soprattutto nel montaggio, quello della regista. Forse molti spettatori non sono abituati all’uso smodato della macchina da presa a mano, o alla totale assenza di colonna sonora se non nelle musiche ascoltate dai protagonisti; ma talvolta è bene guardare film con un budget ridottissimo per comprendere come non siano necessari innumerevoli artifici per far apprezzare un film: anzi, è possibile entrare nel cuore della storia con maggiore semplicità, esplorando in questo caso le complesse relazioni tra i personaggi.

In un contesto drammatico come quello  qui rappresentato, talvolta alcune metafore possono apparire fuori luogo. E invece esse arricchiscono il film con immagini che sottolineano la condizione di ‘prigionia’ di uno spirito libero come Mia: il cavallo bianco incatenato, il criceto in gabbia, cancelli e recinzioni di vario tipo rintracciabili nella periferia urbana dove la ragazza vive (ben evidenziata da colori grigi e spenti) sono immagini reperibili soprattutto nella prima parte del film. Ma quando Connor si dimostra l’unico in grado di comprendere Mia e di stimolare il suo potenziale, ecco una gita al lago e una stupenda inquadratura di uno stormo di uccelli in volo.

Fish Tank

Tuttavia, la vita è in grado di stravolgere le cose quando queste iniziano ad andare per il verso giusto. E bisogna quindi imparare a misurarsi con la disillusione, le speranze disattese e il gusto amaro della vendetta o di una vendetta incompiuta.

Così, invece di  sfiorare la retorica temuta in partenza, essa viene smentita da esiti originali e imprevisti, che imprimono un segno remarcabile di somiglianza al vero, rendendo Fish Tank un film duro, a volte crudo, lontano dallo stucchevole e molto più affine alla vita.

Raffaella Lippolis
Raffaella Lippolis
Traduttrice freelance dall'inglese e dal francese all'italiano, specializzata in servizi linguistici per il marketing, il turismo, la moda e l'audiovisivo. Cinefila e lettrice appassionata, adora Camus, Mozart, il caffè e il profumo dei libri.

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